La leggenda di David Lynch passa soprattutto dalla sua capacità di trasportare lo spettatore all’interno della sua mente e del suo immaginario personale, al punto di riuscire a muovere i fili della sua parte più inconscia e oscura. Per riuscire in questo intento, Lynch ha sempre cura che tutto quello che si vede sullo schermo sia frutto della sua immaginazione, soprattutto gli ambienti in cui racconta le sue storie. Così, per far nascere la sua rinnovata visione del mondo di Twin Peaks, Lynch si è rivolto al suo vecchio amico, il leggendario scenografo Jack Fisk, con il quale condivise l’amore per la pittura prima di lavorare nel cinema. Fisk però dovette declinare l’invito a causa dei suoi impegni sul set di The Revenant, ma raccomandò a Lynch la sua protetta: Ruth De Jong.

Twin Peaks – Il Ritorno: la scenografia vera e innata di Lynch

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Avendo lavorato sui set di maestri come Paul Thomas Anderson e Terrence Malick, la De Jong non avrebbe mai pensato di rimanere così incantata dal processo di realizzazione di una scenografia, ma dopo aver assistito Lynch in tutti i 18 episodi di Twin Peaks: Il Ritorno fu costretta a rivedere le sue posizioni.
Ruth De Jong racconta di una scenografia frutto di ore e ore di conversazione con David Lynch, senza attenersi alle sceneggiature. Il suo lavoro era come un processo di traduzione delle idee di Lynch, il quale ha la capacità di chiudere gli occhi e di immaginare interi ambienti fin nei loro minimi particolari, anche se ciò richiedeva molte più prove per errori del normale.

“Non so come parlarne senza rivelare cose che probabilmente non posso rivelare, sai? Mantenendone la sacralità.”disse De Jong. “Semplicemente, non so come, ma penso che ‘Twin Peaks’ sia vero e innato per David Lynch, e quindi le scelte sono state fatte in quel modo”.

Il concetto che ci fosse uno stile o una tavolozza di colori predefinita per le scenografie non è stato mai neanche lontanamente contemplato sul set, in quanto l’impressione e la sensazione che dava il set era l’unica cosa che contasse sul serio. Ci sono mille modi per comunicare un’emozione, l’importante è trovare quello giusto. De Jong ha affermato:

“Non c’è mai stata una soluzione in assoluto, cosa che ho amato di David, e quello era l’artista dentro lui. Ci sono stati molti gli esperimenti, che sono sempre molto eccitanti, specialmente con lui. Abbiamo esplorato il lavoro al di fuori del processo normale perché dovevamo ottenere un senso innato e gutturale di ciò che voleva, ma senza le ristrettezze di dover fare per forza ” X “. Di fatto ci potrebbero essere stati tre o quattro luoghi diversi in qualsiasi versione. Quindi è stato un processo di ricerca ed esplorazione.”

Lynch ha sempre viaggiato molto per esplorare in prima persona i luoghi più promettenti. In modo da poter lavorare con il suo personale senso dei colori, della consistenza, del design e soprattutto dello spazio, in particolare le dimensioni effettive di una stanza o di un luogo.

“E ‘stato così eccitante avere un regista che ha vissuto tutta questa storia nella sua dimensione.”, ha detto De Jong. “Aveva un incredibile senso delle taglie che voleva sui set, il che è stato molto bello. E solo conoscendo lo spazio che voleva lì, sia per gli attori, sia per lui, la macchina da presa che si poteva cominciare a creare.”

Twin Peaks – Il Ritorno: il mondo immaginario di Lynch non invecchia mai

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Una delle testimonianze più importanti del lavoro per prove ad errori di Ruth per assistere Lynch è stata la ricostruzione dei set degli ambienti presenti anche nelle prime due serie di Twin Peaks.

“Il ristorante, ad esempio, è stato completamente ricostruito come il ristorante originale.”, ha affermato De Jong. “Eravamo nella stessa posizione, ma era stato completamente ristrutturato, e David era tipo: ‘Oh no! Così proprio non può andare’. Così abbiamo lo ricostruito completamente, così come la casa di campagna e la stazione di polizia, sia a Los Angeles sia sul posto.”

La spiegazione è  che Lynch aveva nostalgia dei set originali e voleva trasmettere il concetto di una città ferma per 25 anni. Nessun progresso tecnologico, nessun cenno alla modernità doveva scalfirla, il tempo sarebbe dovuto rimanere immobile.
La De Jong ha infine sottolineato come il leggendario regista non si è mai lasciato prendere dalla pressione dei tempi per girare una serie di 18 episodi imposta dalla produzione. Ha anzi proceduto sempre lentamente per occuparsi in prima persona di ogni aspetto del lavoro, soprattutto il sound design e, appunto, la scenografia. Arrivando addirittura, d’accordo con la produzione, ad assegnare alla stessa De Jong la gestione dell’intero programma delle tempistiche per quanto riguardava il suo ruolo, dandole il massimo della libertà.

La scenografia, a differenza di tutti gli altri dipartimenti, era il reparto più sensibile al fattore tempo” ha affermato De Jong. “Così abbiamo fatto questi enormi calendari su ciò che può essere pronto, quando e così… e David è stato molto flessibile. ‘Non posso averlo pronto’, ‘Nessun problema’. Lo tireremo indietro o lo spingeremo avanti questo con le date.”

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