
Con questa puntata possiamo definitivamente considerare il decorso che porta Jimmy a Saul in fase di completamento. Better Call Saul è stata una controparte più leggera e sfumata di Breaking Bad, mostrando delle tinte cromatiche nella fotografie che ben rappresentavano la personalità di McGill, con dei richiami costanti al look stravagante del suo alter ego, rivisto senza preavviso nella puntata precedente. Sin dalla prima puntata della quarta stagione invece, il mood della stagione si sta via via incupendo, nella narrazione, negli stacchi di montaggio e nella fotografia.
Quello che fino ad ora mancava in Better Call Saul – e di cui ci siamo resi conto solo ora in questa puntata, che dimostra la capacità di Gilligan e Gould di proporre delle puntate sempre migliori delle precedenti – era una chiusura dei conti definitiva col passato edificante di Jimmy, almeno in senso visivo. La sesta puntata infatti, oltre a concentrarsi sull’avanzamento delle vicende legate alla relazione con Kim e alla preparazione del laboratorio di metanfetamina, pone l’accento sull’addio al proprio passato, in modo grigio e amaro.
Sia chiaro, Jimmy non ha ancora consapevolmente detto “basta”, ma è evidente che manchi davvero poco. Sin dalla sequenza d’apertura, ambientata nei primi anni ’90 in una HHM abbagliata e sedotta dalle capacità professionali di Chuck – che sì, non ha ancora del tutto detto addio al fratellino – capiamo immediatamente dove vuole portarci Gilligan: verso una consapevolezza nostalgica e malinconica delle origini di Jimmy, per farci comprendere a fondo cosa sia successo al ragazzo prima che Better Call Saul sconvolgesse la sua vita per sempre.
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Sei un avvocato di merda Howard, se vuoi qualcosa esci e combatti!
La sceneggiatura mette in scena un copione ricco di tutti gli spunti riguardanti le grandi passioni e le grandi tribolazioni di Jimmy e ci ricorda quanto sia andato vicino a poter realizzare qualcosa di buono per sé stesso e per le persone che gli stavano accanto, come ha ricordato lo stesso Odenkirk nella recente intervista con EW. La sesta puntata di Better Call Saul 4 è una summa di quanto visto dalla seconda stagione di Breaking Bad al quinto episodio appena lasciato e riesce a farci fare una ragione su quanto Jimmy sia – sostanzialmente – un povero incompreso che ha giocato male le sue carte. Sebbene Chuck sia un fratello discutibile infatti, non gli si possono imputare troppe delle colpe che il pubblico gli affibbia istintivamente.
Il resto della puntata dimostra questo punto fondamentale, facendoci vedere il lato oscuro del neo Saul totalmente scoperto con chiunque abbia a tiro, perfino con Kim, anche se per ragioni di sincerità. I due non sono più sulla stessa linea d’onda e possiamo quasi pregustare quale sarà il clima nel quale si diranno addio – sempre che non succeda qualcosa di troppo tragico a costringerli a separarsi. Perfino Howard, tanto legato a Jimmy per questioni trasversali, se la deve vedere col lato caustico del giovane McGill – e ammettiamolo, Jimmy ci ha fatto davvero godere.
Il sapore di questa puntata di Better Call Saul comunque è quello amaro del dramma dell’insofferenza, del bisogno di essere sé stessi e una telefonata fatale basterà a scatenare in Jimmy quella che sembrerebbe la molla finale – ma non ancora definitiva – per diventare Saul Goodman. Lui vuole fare l’avvocato, forse non è ciò che è nato per essere, ma vuole quella luce verde emanata dalla giurisprudenza con la stessa bramosia con la quale Gustavo, nel montaggio parallelo, porta avanti la sua pianificazione contro i Salamanca e la costruzione del laboratorio. Anche con lui non mancano nuovi dettagli sulle sue origini, andando ad aggiungere un pezzo al cerchio aperto in Breaking Bad.
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