
Lo scorso episodio Better Call Saul sembrava aver spianato la strada per quello che – da sempre – abbiamo creduto sarebbe successo tra Kim e Jimmy. La routine di tutti i giorni, i progetti di vita differenti, le aspettative e sopratutto il modo di concepire l’avvocatura in maniera diametralmente opposta. Se da una parte Kim è ciò che Chuck ha sempre desiderato dal fratello – una carriera che parte dal basso, costruita partendo da un’università come si deve e forgiata nel gestire scartoffie in archivio per arrivare ai piani alti, quelli alti davvero – dall’altra Jimmy altro non è che un uomo nato col dono della delinquenza, che più per l’avvocatura è portato per il ragionamento criminale – applicato per coincidenza alla giurisprudenza e risultando inevitabilmente efficace, dopotutto quale malintenzionato esperto in legge non diventerebbe un avvocato capace come Saul Goodman.
Va da sé che Better Call Saul avrebbe presto o tardi messo in mostra l’incompatibilità di questi due metodi, applicati con la costanza e la determinazione di un monaco buddhista, trovandoci quasi fisiologicamente di fronte alla sequenza d’apertura dell’episodio sette. Una coppia alla deriva, che forse si ama, forse si stima, ma che più di ogni altra cosa si compatisce. Eppure sembrava qualcosa di imperfetto ma bilanciato fino a poco tempo fa, nonostante al contrario di quanto accade nelle coppie tradizionali, a fare il buono e il cattivo tempo è proprio Kim, che si pente, si ricrede, ci prova, ci ripensa, costantemente e a tutto, tranne che alla propria carriera. Tutto al contrario di Jimmy, che fino ad ora ha sicuramente avuto come unico pregio l’aver agito – sebbene coi suoi metodi – nel completo interesse della compagna. L’equilibrio si poteva bilanciare, quindi, solo in un modo: entrambi gli avvocati dovevano vedere la legge allo stesso modo.
Va da sé, di nuovo, che per natura – e per Breaking Bad – chi dei due doveva cedere era Kim. Il suo percorso di conversione al lato oscuro della legge è iniziato molto tempo fa, con indizi disseminati ovunque nemmeno li avesse sparsi David Lynch alludendo a Lelan Palmer. Ricordate il trucchetto dei drink offerti di straforo e di quanto la donna avesse respinto il godimento tratto da quel raggiro? Si riparte da lì e da un’idea della stessa Kim, che per salvare la pelle a Huell Babineaux si inventa il miglior raggiro legale mai inventato nella storia della giurisprudenza cinematografica – e non esageriamo nell’affermarlo. Così, alle soglie di un edificio che così tanto bene conosciamo da lunga data, l’avvocatessa di ferro prende quella che sembra – per ora – la scelta più sconvolgente e nella quale meno confidavamo dall’inizio della stagione. Forse per amore, forse per natura, o forse per semplice rivalsa nei confronti di un sistema che vuole continuamente farla sentire una matricola o una stupida, nonostante la Mesa Verde.
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Mi chiamo Eduardo, ma puoi chiamarmi Lalo.
Cambiato fronte, la sponda narcotrafficante di Better Call Saul stenta a fare progressi con le minazioni. Il laboratorio di Breaking Bad è in costante costruzione ma i soliti imprevisti che si frappongono fra Gustavo e il completamento dei lavori non aiutano nessuno a parte lo spettatore – che trovandosi in una timeline per ora ferma al 2004, deve cominciare a capire in che modo il sotterraneo della lavanderia dovrà aspettare così tanto tempo per essere messo in funzione, nonostante i tempi di realizzazione sembravano dover occupare nemmeno un anno di tempo. Una quarantena così prolungata mette a dura prova tutti i coinvolti nel progetto, con Mike di nuovo alle prese con decisioni forzate con cui fare i conti, che si tratti di minatori teste calde o nuovi amici che si rivelano inaspettatamente imprudenti. Il racconto di questa fase scorre lento, quasi fisiologico, ma non delude i fan desiderosi di momenti topici, come la discussione tra Ehrmantraut e il capo cantiere che per un pelo non riesce a far breccia nel passato ermetico del nonno migliore delle serie tv.
Dall’altra parte invece ritroviamo un personaggio fino ad ora tra i più fondamentali per Better Call Saul. Da un paio di episodi avevamo lasciato Nacho in un limbo narrativo dal quale è tornato decisamente col botto. Ancora indaffarato con la riscossione crediti dei Salamanca, affiancato dal futuro Crazy8 – quanta pena che fa quel ragazzo – il tormentato collaboratore di Fring conduce le sue attività in modo costante e sospeso nel tempo e in condizioni di salute apparentemente migliori. Il pensiero del benessere paterno lo attanaglia di continuo, ma non sembra essere la sua preoccupazione primaria arrivati a questo punto.
Nei primi rumors sulla quarta stagione di Better Call Saul si faceva spesso riferimento al personaggio di Lalo, un individuo che abbiamo cercato in ogni nuovo personaggio presentatoci in questi otto episodi ma che stentava a farsi vivo. Lalo sarebbe – stando a quanto si diceva all’epoca – l’anello di congiunzione tra questa serie e la principale, in modi che per ora restano avvolti nel mistero. Sta di fatto che il tanto misterioso tassello fondamentale per la narrazione altro non sia che un consanguineo dei Salamanca dai modi piuttosto disinvolti e sicuri che spaventano profondamente Nacho, attualmente al corrente di nozioni su Lalo che noi ancora ignoriamo. Un personaggio in più giunto per di più nel momento in cui la stagione volge verso il termine. Ci sarà ancora spazio per Gene, arrivati a questo punto? Visitate la pagina facebook di Better Call Saul Italia per restare collegati con la comunità dei fan dell’avvocato peggiore della televisione.