Pasolini nel 1969 decise di affrontare uno dei Miti più celebri del Canone Occidentale: Medea. Il regista di Casarsa non era nuovo a riduzioni cinematografiche di tragedie greche tanto che due anni prima aveva realizzato il film Edipo Re, tratto dalla celebre tragedia sofoclea. Per il film Pasolini decise di dare la parte di Medea alla celebre cantante d’opera Maria Callas, mentre per la parte di Giasone il poeta scelse l’atleta Giuseppe Gentile. Analizziamo di seguito l’opera del regista, che in questa pellicola ha attinto dalla tradizione greca per creare uno scontro tra due realtà, quelle di Medea e Giasone, pari a quello tra la visione arcaica del mondo e quella moderna.
Il mito di Medea
Medea, figlia di Eeta re della Colchide (antico regno barbaro che era situato nell’attuale stato georgiano) era una potente maga che viveva nel regno paterno, dove era presente il vello d’oro – il quale era altro che la pelliccia dorata di un caprone con poteri magici. Proprio per recuperarlo Giasone e gli Argonauti si recarono nella Colchide, poiché d’accordo con il re di Iolco, Pelia, Giasone sarebbe potuto diventare re una volta consegnatogli l’oggetto magico. Dopo molte peripezie il protagonista riuscì ad arrivare nel regno barbaro e a recuperare la pelliccia magica, grazie anche all’aiuto di Medea che si era innamorata dell’eroe. Dopo aver riportato il prezioso oggetto a Pelia il re si rifiutò comunque di cedergli il trono, e a questo punto Medea si vendicherà uccidendo il sovrano di Iolco ricorrendo alla magia. Per questo terribile omicidio i due vennero esiliati e si stabilirono a Corinto, dove i due si sposarono ed ebbero due figli.
Dieci anni dopo il matrimonio è ambientata la celebre tragedia di Euripide. Il re di Corinto Creonte offrì in sposa a Giasone sua figlia Glauce, permettendogli così di succederlo al trono, condizione fattibile solo se avesse ripudiato Medea. Questo atto fu terribile per la donna, trovatasi in una terra straniera senza un marito e con due bambini da accudire. In questa terribile situazione, Medea attuò una delle vendette più orribili della tragedia classica. Dopo che il re di Atene Egeo le promise ospitalità nella sua città a patto di aiutarlo ad avere un figlio, Medea offrì a Glauce una corona e delle vesti avvelenate, che una volta indossati la arsero viva assieme al padre, nell’invano tentativo di salvarla. A quel punto la maga uccise i figli avuti con Giasone e fuggì su un carro alato verso Atene, lasciando l’eroe greco da solo e disperato per le perdite subite.
La Medea di Pasolini è due film in uno
Il film di Pasolini, pur essendo basato sulla tragedia euripidea, racconta anche altri elementi della storia di Medea e Giasone. Di fatto solo l’ultima metà del film si concentra sulle vicende avvenute a Corinto, la prima parte è invece dedicata alla ricerca del vello e all’amore tra i due. In particolare Pasolini mostra la differenza profonda che esiste tra i protagonisti della storia; ci mostra un Giasone proveniente da un mondo civilizzato, ma alla fine molto più corrotto rispetto alla straordinaria “purezza” di quel mondo barbaro. Pasolini dirà:
Medea è l’eroina di un mondo sottoproletario, arcaico, religioso. Giasone è invece l’eroe di un mondo razionale, laico, moderno. E il loro amore rappresenta il conflitto tra questi due mondi.
Non vedo differenza tra l’Edipo e Medea; non vedo differenza nemmeno con Accattone. Praticamente un autore fa sempre lo stesso film, per almeno un lungo periodo della sua vita, come uno scrittore scrive sempre lo stesso libro.
I due mondi, oltre a essere rappresentati dai personaggi, lo sono anche dai luoghi nel quale il film si svolge. La prima parte del film, che riguarda principalmente la presa del vello da parte di Giasone, è girata in Siria e in Turchia, mentre la seconda ambientata a Corinto è stata girata principalmente a Pisa.
I due centauri di Medea
Molto importante per comprendere le tematiche del film sono le scene in cui compaiono i due centauri. Secondo la leggenda Giasone sarebbe stato cresciuto dal centauro Chirone. Per Pasolini i centauri sono due, quello Sacro e quello Sconsacrato. Queste due figure rappresentano rispettivamente il vecchio e il nuovo mondo e compaiono solo due volte nel film, all’inizio e a metà, ma hanno un’importanza cruciale. Il centauro Sacro – proprio perché rappresenta il mondo antico e barbaro – compare come un centauro vero e proprio, mentre il centauro Sconsacrato è in realtà presente sotto forma umana. Nell’incipit di Medea il vecchio centauro parla con il piccolo Giasone, citando i fatti che hanno portato il vello nella Colchide. Conclude questo racconto dicendo che “la storia è un po’ complicata, perché è fatta di cose, non di pensieri”. Già in queste prime frasi inizia a comparire il conflitto tra i due mondi che caratterizzeranno Medea e Giasone. Da una parte la concretezza del mondo sacro della donna e dall’altra il mondo razionale dell’uomo. Dopo questa frase, il centauro dice:
Tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo.
Non c’è niente di naturale nella natura,
ragazzo mio, tienitelo bene in mente.
Quando la natura ti sembrerà naturale,
tutto sarà finito. E comincerà qualcos’altro.In ogni punto in cui i tuoi occhi guardano è nascosto un Dio.
E, se per caso non c’è, ha lasciato lì i segni della sua presenza sacra:
o silenzio o odore di erba o fresco di acque dolci.
Eh sì: tutto è santo! Ma la santità è insieme una maledizione.
Gli Dei che amano in un tempo stesso odiano.
Dopo questo elogio al Sacro di Chirone/Pasolini, compare l’altro doppio del poeta, il centauro Sconsacrato, che dice a Giasone, ormai cresciuto:
Forse mi hai trovato, oltre che bugiardo, anche troppo poetico.
Ma che vuoi? Per l’uomo antico i miti ed i rituali sono esperienze concrete
che lo comprendono anche nel suo esistere corporale e quotidiano.Solo chi è mitico è realistico e solo chi è realistico è mitico.
Questo è almeno ciò che prevede questa nostra divina ragione.
Ciò che essa non può prevedere, disgraziatamente,
sono gli errori a cui ti condurrà. E chissà quanti saranno?
Il centauro Sconsacrato conclude il proprio monologo, dichiarando l’assenza di dio, e Pasolini ci mostra il regno arcaico e mitico della Colchide. La seconda volta in cui compaiono i centauri è all’arrivo di Giasone a Corinto. Questa scena se pur più breve è molto importante perché sancisce lo stacco tra la prima e la seconda parte del film, una ambientata nella barbara Colchide, l’altra a Corinto/Pisa. I due centauri svelano quindi la loro doppia natura a Giasone, ma solo lo Sconsacrato può parlare all’eroe, perché “la sua logica è così diversa dalla nostra che non si potrebbe intendere”. In questa frase c’è una finezza incredibile di Pasolini, riferendosi sia al centauro Sacro che a Medea. Solo da bambino Giasone poteva parlare e comprendere il centauro Sacro e lo Sconsacrato gli confessa che è proprio grazie al loro legame se egli ama Medea.
La sacralità sconsacrata di Medea/Callas
Pasolini scelse come Medea Maria Callas, che pur essendo stata la più straordinaria delle cantanti liriche, non era un’attrice cinematografica, e non fu nemmeno facile convincerla a partecipare al progetto, a causa dell’omosessualità del regista e i temi scabrosi che spesso trattava nelle sue opere. Lo stesso Pasolini nutriva più di un dubbio sulla Callas, essendo spesso descritta come una diva viziata. Differenze queste che non sopravvissero al loro primo incontro, dove si piacquero sin da subito, tanto che lo stesso regista ammise di averla scelta come protagonista perché:
Lei appartiene a un mondo contadino, greco, agrario, e poi si è educata per una civiltà borghese. Dunque in un certo senso ho cercato di concentrare nel suo personaggio la complessità di Medea.
Per rendere la sua Medea al meglio, Pasolini aveva bisogno di un’attrice che portasse dentro di sé le contraddizioni di questa strega barbara civilizzata; vedeva la protagonista come una donna straniera che sceglie di rinunciare alla propria casa e alla propria religione per amore. È sconsacrata e sacra allo stesso tempo, come i centauri, che diranno a Giasone “tu comprendi la sua catastrofe spirituale. Il suo disorientamento di donna antica, in un mondo in cui ignora ciò in cui lei ha sempre creduto. La poverina ha avuto una conversione alla rovescia e non si è più ripresa”. Dopo questo film, tra i due artisti si creò uno straordinario rapporto di amicizia, sebbene Callas finì per innamorarsi di Pasolini, essendo appena stata abbandonata Onassis, e come per Medea e Giasone il rapporto tra i due dovette finire.
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