Orange Is the New Black è la serie Netflix ideata da Jenji Kohan basata su una storia vera, ovvero il memoir di Piper Kerman in cui l’autrice racconta del suo anno in una prigione federale di minima sicurezza per aver trafficato della droga insieme alla partner e fidanzata, Alex. Dopo aver vinto 12 Emmy Award, la serie è arrivata alla sua settima e ultima stagione portando a una degna e decisiva chiusura un arco narrativo durato 15 mesi, ovvero la durata della sentenza di Piper Chapman (Taylor Schilling), protagonista della serie.
Attraverso principalmente gli occhi delle detenute assistiamo alla vita della prigione dove ingiustizia e il maltrattamento sono all’ordine del giorno, insieme alla vendita di droga e altri oggetti di contrabbando sia da parte delle prigioniere che, molto spesso, anche delle guardie, l’abuso di sostanze, nonché razzismo e misoginia. Tutto questo raggiunge un livello quasi soffocante nell’ultima stagione prendendo probabilmente ispirazione dagli attuali temi della politica statunitense.
Orange Is the New Black 7: l’ICE
È ben evidente quanto alle serie tv contemporanee, soprattutto se originali Netflix, piaccia affrontare tematiche politicamente impegnate e gli americani nei loro show hanno diverse questioni da tirare fuori. In questa settimana stagione in particolare si punta l’accento sul razzismo e l’immigrazione. Orange Is the New Black è una serie decisamente multiculturale che vede l’incontro e la contrapposizione di diverse culture, in particolare quella caucasica, quella afroamericana e quella latina, donne provenienti da tutte le parti del continente americano e che perlopiù si raggruppano con quelle della propria etnia, come a segnalare che – per quanto ci si provi – uno preferirà seguire sempre il proprio sangue e le proprie origini. La prigione, soprattutto, non è il posto più semplice dove fare amicizia ed è più facile legare e cercare riparo tra quelli della tua specie.
Negli ultimi tempi si è alquanto acceso il dibattito sull’immigrazione statunitense e sarebbe sciocco da parte dei prodotti televisivi non saltare sul carro. Alla fine della scorsa stagione abbiamo assistito al rilascio dalla prigione di Litchfield di Blanca Flores (Laura Gómez) che viene fatta salire su un autobus dopo aver terminato la sua condanna, pronta per riabbracciare il fidanzato Diablo (Miguel Izaguirre). Ma proprio negli ultimi minuti si scopre che in realtà la donna viene portata in un centro detentivo per gli immigrati irregolari dove le guardie dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement) hanno il compito di sorvegliare le donne in attesa o dell’espatrio o del permesso di restare negli Stati Uniti. Lo spettatore si trova quindi travolto da questa realtà alquanto… disarmante. Sicuramente viene mostrato più di quello che i giornali e i telegiornali normalmente mostrano, ma con una crudeltà e una cattiveria quasi inaudite che forse però non ottengono veramente l’effetto desiderato.
Orange Is the New Black 7: #MeToo
Una delle tematiche intramontabili nella serialità americana – come nella cinematografia – è quella del #MeToo e, con un cast quasi esclusivamente femminile, OITNB non poteva tirarsi indietro. Ma, di nuovo, il carcere non è certo il posto in cui cercare il politicamente corretto o la giustizia sociale. Ma è soprattutto tra le guardie che troviamo questa imperante misoginia, tra la gender pay gap e uomini che non vogliono ricevere ordini dalle loro superiori perché sono donne.
È proprio in questa serie che troviamo un variegato calderone di personaggi femminili: donne arriviste e interessate solo alla propria poltrona e ai soldi, donne dall’animo profondo ma col cuore di ghiaccio perché sanno che solo con una facciata cruda riusciranno a farsi avanti nel mondo ostile in cui vivono e donne che invece provano a fare la differenza e non rimanere passive; ma nella realtà dipinta da Orange Is the New Black non c’è mai il lieto fine per queste ultime, come fosse un triste e amaro monito al fatto che la vita e le situazioni (che siano politiche, sociali, giuridiche, ecc.) non aiuteranno mai i più deboli o gli altruisti. E che donne e uomini – per quanto si cerchi di superare le differenze – combatteranno una perenne e costante guerra fredda.
Orange Is the New Black 7: dentro e fuori di prigione
Sicuramente quest’ultima stagione di Orange is the New Black è stata molto più cruda e violenta di quello a cui eravamo abituati prima, abbandonando un po’ il suo lato comedy per sfociare nel lato drammatico, simboleggiato anche dal trasferimento da una prigione di minima sicurezza a quella di massima sicurezza, nonché dall’aumento della pena per alcune detenute in conseguenza alla rivolta avvenuta nella quinta stagione e che le ha portate a cambiare la propria personalità, e non in positivo. Tutto però puntava a portare a una meritata conclusione per ciascuna delle prigioniere e l’ultima puntata ci ha regalato uno spiraglio anche su quelle che non sono state protagoniste in questa stagione.
Forse non tutti i punti di domanda sono stati risolti, ma è qui che entra in gioco anche la fantasia dello spettatore; quello che alla fine vediamo è il proseguimento della vita. La vita prosegue per tutte, sia per quelle che sono uscite di prigione, sia per quelle che ancora ci rimangono. E quindi vediamo come fortuna e sfortuna si alternano nel destino delle detenute, in alcune come conseguenza delle proprie azioni e in altre come semplice ingiustizia della vita.
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Riassunto
Sicuramente quest’ultima stagione di Orange is the New Black è stata molto più cruda e violenta di quello a cui eravamo abituati prima, abbandonando un po’ il suo lato comedy per sfociare nel lato drammatico, simboleggiato anche dal trasferimento da una prigione di minima sicurezza a quella di massima sicurezza, nonché dall’aumento della pena per alcune detenute in conseguenza alla rivolta avvenuta nella quinta stagione e che le ha portate a cambiare la propria personalità, e non in positivo. Forse non tutti i punti di domanda sono stati risolti, ma è qui che entra in gioco anche la fantasia dello spettatore; quello che alla fine vediamo è il proseguimento della vita. La vita prosegue per tutte, sia per quelle che sono uscite di prigione, sia per quelle che ancora ci rimangono.