Uomini invisibili, donne fortissime e supereroi volanti che si aggirano per le città salvando vite umane e sventando reati. Cosa può andare storto? Questa è la domanda che si pone la serie The Boys, e in particolare il suo protagonista Billy Butcher (l’azzeccatissimo Karl Urban), il cui compito è “sculacciarli quando passano il limite“. Per capire che cos’è The Boys, dunque, vi basterà prendere Iron Man, Captain America, tutto il Marvel Cinematic Universe e… ribaltarli come un calzino. Vediamo come, più nel dettaglio.
The Boys: sinossi
I supereroi esistono davvero, e vivono adattandosi al mondo moderno, tra social media e network di ogni genere, venendo trattati e gestiti più come delle star che come degli eroi. La Vought International gestisce la loro immagine pubblica, tra commoventi video in compagnia di bambini malati di cancro ed azioni eroiche di vario genere. Il gruppo di supereroi più famosi al mondo è quello dei Sette, una sorta di Justice League che però, sotto la patina delle riviste mondane, appare molto diversa da quello che è.
Se ne accorgerà, suo malgrado, la giovane eroina Starlight, entrata a far parte del gruppo dopo la dipartita di Fiaccola, che si ritroverà a fare i conti coi compromessi imposti dal suo nuovo status di “super”. La sua storia si intreccerà con quella di Hughie, in cerca di vendetta per la morte della fidanzata Robin, causata dal supereroe A-Train. Lo aiuterà nei suoi propositi il violento Billy Butcher, intento a ricostruire la sua squadra di vigilanti denominata The Boys, pronti a tutto pur di far pagare agli arroganti eroi le loro malefatte.
The Boys: la finzione del sogno americano
Cos’è successo al sogno americano? Che si è avverato. Lo stiamo ammirando.
Difficile non accostare la serie Amazon, tratta dai fumetti di Garth Ennis e Darick Robertson, a Watchmen di Zack Snyder, uscito nel 2009. Ad accomunare i due prodotti abbiamo senz’altro lo sguardo disincantato con cui vengono mostrati i supereroi, non più solo maschere di bontà ma veri e propri esseri fallibili, mostrati nelle loro frustrazioni e nelle loro fragilità. In questo, in realtà, The Boys si spinge parecchio oltre, facendo scollinare i propri “super” e rendendoli quasi dei veri e propri villain, pronti a tutto per difendere i propri interessi. E quali sono questi interessi? Visibilità, like, visualizzazioni. Oltre, ovviamente, al denaro.
Gli eroi di The Boys sono infatti principalmente come dei fashion blogger in cerca di attenzione, bisognosi di affetto da parte dei fan per poter sopravvivere e di imprese eroiche. Eroi che hanno bisogno di un’immagine infallibile, al punto che, se non possono salvare tutti i passeggeri di un dirottamento aereo, tanto vale lasciarli morire tutti. L’eroismo è visto come un prodotto, qualcosa da etichettare, impacchettare e vendere al più alto prezzo possibile.
Insomma assistiamo ad una sorta di trattato sulla decadenza dei costumi, in cui la forma è tanto più importante della sostanza da svuotare le azioni, buone o cattive che siano, di qualunque significato. Ogni mossa deve essere concordata con l’ufficio marketing, e va fatta a favore di telecamera, altrimenti rischia di essere dannosa e controproducente. Il confine tra bene e male viene semplicemente eliminato, e sostituito dalle luci della ribalta, che diventano più importanti di qualsiasi cosa, se non si vuole finire nel dimenticatoio.
The Boys: un’allegoria potente e dissacrante
L’accusa al mondo moderno, e a quello dello spettacolo in particolare, appare dunque evidente, così come le allusioni al Marvel Cinematic Universe e alla moda dei supereroi (il Patriota di Anthony Starr è palesemente una fusione tra Captain America e Superman, per dirne solo uno). Tutto il sistema è però nel mirino della serie, a partire dalla Chiesa, distrutta dallo strafottente Billy Butcher in una scena tutta da vedere. Insomma, il coraggio non manca di certo allo showrunner Eric Kripke, capace di toccare temi estremamente scottanti, dal cancro infantile ad un accenno al #MeToo neanche troppo velato, in un umorismo che ricorda vagamente quello dei Griffin di Seth MacFarlane.
Viene anche ricordato il motivo per cui i supereroi fanno tanto presa nella moderna società, siano essi realmente esistenti o solamente cinematografici: l’atavico e umano bisogno di protezione che alberga in ognuno di noi. La necessità di qualcuno di superiore, che ci protegga in cambio della nostra devozione, non nasce certo oggi, ma ha avuto inizio all’alba dei tempi. La sovrapposizione tra Dio e supereroi diventa quindi uno degli argomenti centrali e più profondi del serial, che si rivela un prodotto tutt’altro che superficiale.
The Boys: la vendetta che logora l’anima
Ci sono due differenti storyline che si intrecciano in The Boys. La prima riguarda la triste e deludente presa di coscienza di Annie/ Starlight, catapultata in un mondo che da fuori le sembrava ideale, ma che la costringe a riconsiderare le proprie priorità. La seconda è quella di Hughie, fan sfegatato del supereroe che gli disintegra la fidanzata sotto gli occhi e poi fatica a scusarsi con lui. Questo viene avvicinato dal terribile Butcher, interpretato dal perfetto Karl Urban (Star Trek, Il Signore degli Anelli), che lo condurrà come un novello Lucifero verso le fiamme dell’inferno. Sì, perchè il violento ex agente dell’FBI, in cerca di vendetta per motivi che vengono poi spiegati lungo la narrazione, è nel pieno di una spirale auto-distruttiva che lo porta a distruggere tutto ciò che tocca, compreso sé stesso. Vuole la rovina di tutti i supereroi, senza eccezione, perché li considera gli unici, veri nemici. Starà a Hughie scoprire, attraverso la conoscenza con l’idealista Starlight, se i “super” sono davvero tutti uguali o meno, e soprattutto se la vendetta dura e pura è davvero la risposta a tutte le sue domande.
The Boys: violenza splatter e molto altro
The Boys, insomma, analizza molti importanti temi, ma il modo in cui li rappresenta è il pezzo forte del prodotto. La violenza splatter non è infatti solo fine a sé stessa, ma ben giustificata dalla trama e da un ricercato realismo. Non mancano poi i momenti commoventi, che rendono la serie matura e meritevole di considerazione. Evitiamo ulteriori dettagli per non incappare in spoiler.
The Boys: un cast azzeccatissimo
Risulta davvero difficile pensare ad un casting migliore di quello di The Boys, ad essere onesti. A partire dal già citato Karl Urban, nei panni di un Billy Butcher sarcastico e decadente, per arrivare all’innocente Starlight, ognuno interpreta il proprio ruolo al meglio. Una menzione in particolare la merita il personaggio del Francese, molto ben caratterizzato dal semisconosciuto Tomer Kapon e anche, bisogna dirlo, dal suo doppiatore italiano Raffaele Carpentieri. Entrambi riescono infatti a dare credibilità al personaggio, senza renderlo una macchietta.
Insomma, The Boys è una serie molto ben riuscita, spettacolare e ricca di colpi di scena, che si prende anche i suoi momenti drammatici. La violenza splatter estrema e l’umorismo molto forzato potrebbero renderlo un prodotto fin troppo di nicchia, ma resta un prodotto a tutto tondo che diverte chi guarda e lo fa riflettere profondamente. Da vedere.
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Riassunto
The Boys è una serie molto ben riuscita, spettacolare e ricca di colpi di scena, che si prende anche i suoi momenti drammatici. La violenza splatter estrema e l’umorismo molto forzato potrebbero renderlo un prodotto fin troppo di nicchia, ma resta un prodotto a tutto tondo che diverte chi guarda e lo fa riflettere profondamente. Da vedere.