
Nella notte del 6 febbraio 2020, a Beverly Hills, si è spento un corpo umano all’interno del quale era racchiusa la più leggendaria delle figure cinematografiche fino a quel momento viventi. Kirk Douglas, nonostante avesse raggiunto una reputazione degna di un immortale, se n’è andato all’età di 103 anni, portando via con sé l’ultima testimonianza ancora in vita della Hollywood che non tornerà mai più, di cui fu il più fulgido astro durante gli anni dei kolossal. Nato ad Amsterdam – nello Stato di New York – da genitori bielorussi nel 1916, Kirk Douglas divenne nel corso della carriera lo stereotipo perfetto di attore imprenditore, che non lasciava spazio all’imprecisione.
La sua prestanza fisica, unita allo sguardo tagliente e a degli sporadici sorrisi smargiassi, ne hanno fatto un’icona intramontabile del cinema “vecchio stile”, quello prodotto dal primo dopoguerra fino all’emancipazione della New Hollywood degli anni ’60, divenendo via via l’unico attore della settima arte in grado di passare dai kolossal più fisici e scenografici, alle interpretazioni drammatiche più commoventi, nelle quali perfino le figure dei reietti o dei difensori delle cause perse riuscivano a stagliarsi sullo schermo con le proporzioni di un eroe.
Famose furono le interpretazioni di Kirk Douglas nei magistrali Orizzonti di gloria e Spartacus di Kubrick, durante i quali vennero a crearsi alcuni degli aneddoti più succulenti della storia del cinema; i due, entrambi forti, cocciuti ma dalla capacità visionaria potente e rivoluzionaria, si trovarono innumerevoli volte a discutere pesantemente sulle scelte artistiche, riuscendo a creare in entrambi i film due personaggi protagonisti che delineano alla perfezione i due antipodi della drammaticità di Kirk Douglas: da una parte il soldato sofferente, che dubita del sistema e cerca di sovvertirlo facendo leva sui valori e i sentimenti, dall’altra uno schiavo dal fisico scolpito, che finirà per sovvertire un sistema facendo leva sulla forza bruta e lo spirito di rivalsa.
Kirk Douglas era l’incarnazione assoluta dell’eroe: il campione fisico mosso dalla rivalsa e il trascinatore idealista delle grandi cause
Altrettanto famoso e forse il più pregiato dei film con Kirk Douglas è stato Brama di vivere, dove l’attore, sebbene fosse lanciato come grande interprete dei personaggi fisici per il quale lo ricordiamo maggiormente, ha vestito i panni di Vincent van Gogh, incarnandone i tormenti e il genio con una precisione drammatica inaspettata per una star dei Peplum. Intensità che raggiungerà nuovamente in pregiati ruoli drammatici, fino alla sua ultima partecipazione in Illusion, risalente al 2004, nel quale chiude la carriera nei panni di un personaggio piuttosto autobiografico, il regista Donald Baines, che sta morendo da solo nella sua sala di proiezione privata, mentre guarda i film a cui ha dedicato la sua vita.
Vinse un Oscar alla carriera nel 1996, ricevette tre nomination negli anni ’50 e si impegnò per delle grandi cause umanitarie, una tra tutte la lotta – condotta anche attraverso il suo blog e la Douglas Foundation – atta a indurre gli Stati Uniti d’America a chiedere perdono per la schiavitù delle persone deportate dall’Africa fra i secoli XVI e XIX e per le ingiustizie che gli afroamericani continuarono a patire anche dopo l’abolizione formale del regime schiavista, battaglia che poi vinse nell’agosto 2008. Aitante, condottiero, implacabile e dotato di un enorme genio imprenditoriale, con Kirk Douglas scompare anche l’ultima testimonianza vivente di un’industria il cui stampo è stato messo nella formalina, rendendoci dimentichi del potere del singolo in un settore al cui vertice ci sono – o dovrebbero esserci – le idee.
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