La settimana in cui Locke & Key ha fatto il suo debutto su Netflix, Los Angeles è stata invasa da una campagna marketing dalle proporzioni gigantesche. Fuori dallo Staples Center, per esempio, vi erano condomini con intere facciate ricoperte da immagini del fumetto da su cui è basata la serie, in particolare dettagli di serrature sul collo delle persone. Una campagna del genere preannunciava una serie mastodontica, offrendo il minor numero di dettagli.

Che la cosa abbia funzionato o meno, Locke & Key ha un successo sintomatico di un tipo specifico di approccio basato sulla mescolanza delle migliori ricette di Netflix. La serie è la tipica storia di famiglia ambientata in una casa infestata, riprendendo quindi Hill House, dove una minaccia interdimensionale attira i fan, quindi come in Stranger Things, la presenza di scenografie e personaggi quasi demoniaci come in Sabrina e una timeline articolata come Dark. Aggiungendo gli ingredienti tipici del teen drama scolastico, si ottiene Locke & Key.

Il modo che ha la narrazione di presentare gli eventi è unico, con un allentamento di tensione costante. Ogni nuovo passaggio è annunciato da una chiara scia di indizi: i sussurri conducono i bambini dalle chiavi e i personaggi annunciano i propri turbamenti senza che questi siano troppo pesanti per la trama. Ci si trova quindi di fronte ad una serie in cui ogni passaggio successivo viene introdotto come un sommario di Wikipedia, utile per coloro che si sono distratti mentre guardavano la puntata.

In dieci episodi, Locke & Key sembra fornire sempre più dettagli sulle abilità delle chiavi scoperte dai bambini. Attraverso questi oggetti, si può accedere a posti lontani, controllare altri esseri umani, o addirittura entrare nel palazzo della memora delle persone, inserendovi quello che vogliamo. Questa miscela di mistero e horror è la base perfetta su cui costruire una sceneggiatura che corteggi il pubblico più giovane.

Perfino nel finale di stagione Locke & Key osa qualcosa di più, con una resurrezione a sorpresa di un demone pericoloso che getta le basi per un avvio di seconda stagione davvero tetro. Ciò che desta i maggiori dubbi sulla serie invece è la differenza evidente tra adattamento e fumetto: il materiale originale infatti offre immense possibilità in più, sebbene alla fine gli showrunner abbiano preferito un approccio a dir poco accelerato e decisamente più teen friendly, arrivando – laddove la serie è criticabile – ad una specie di confuso videogioco su Harry Potter.

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