Dopo un primo squillo di trombe apocalittico suonato dalla BCE, la stessa ha poi fatto marcia indietro, contraddicendo le parole di Christine Lagarde – presa di mira da tutti gli esponenti politici italiani per via delle misure anti-Italia durante il Coronavirus – e stanziando invece un piano di agevolazioni decisamente più favorevole al nostro Paese. Una notizia che ha del buono, in una giornata in cui la conta dei morti è salita a 1441, a fronte di 17750 contagiati. Il Ministero della Salute ha poi fatto un ulteriore passo avanti nella gestione della crisi, varando un Protocollo ufficiale per la sicurezza nelle aziende. Uno scenario variegato, addolcito dalla fantastica iniziativa Ovunque tu sia, elogiata anche da Chris Evans, e che apre la strada ad un nuovo film da quarantena della settimana.

Disponibile sul catalogo Infinity, V per Vendetta è il film da quarantena che racchiude tutti gli eventi della scorsa settimana, avendo tutti i simboli di questa crisi sanitaria. Il luogo è Londra, esempio eclatante di incapacità politica nel gestire il Coronavirus e teatro in cui V mette in scena i suoi atti rivoluzionari, in una situazione politica molto lontana dalla nostra, ma che a grandi linee la rappresenta: a farla da padroni sono sistemi dalla statura immensa, che non intendono scendere a compromessi con quelli più bassi – un po’ com’è successo tra la BCE e l’Italia, anche se è finita bene – e a farne le spese è l’umore dei cittadini, che se in V per Vendetta sono contagiati da un sistema totalitario che li opprime e li costringe al coprifuoco, nella realtà sono rinchiusi in casa per potersi salvaguardare.

Oltre a queste componenti, i due elementi di questo film da quarantena perfetto per rappresentare metaforicamente la settimana passata sono quelli più poetici. Da una parte, ciò che lega il film è il desiderio silente ma inflessibile della popolazione di risollevarsi dalla propria situazione, come un desiderio di riscatto o di vendetta – che poi finisce meravigliosamente bene, con un’unità di cittadini indiscriminata; dall’altra, la musica. Come sta accadendo in tutta Italia, anche V fa risuonare tra le strade di una Londra repressa le note di un canto accorato, che librandosi nell’aria porta tutti a congiungersi con uno spirito rivoluzionario, che nel nostro caso potremmo utopisticamente chiamare spirito di unità nazionale, che per noi sarebbe sì un cambiamento coi fiocchi. Siamo partiti bene, perché come dice V:

Una rivoluzione senza un ballo è una rivoluzione che non vale la pena di fare.

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