
La bontà d’animo, com’è oramai consuetudine del costume della società, è sinonimo di una stupidità che predispone il soggetto alle peggiori cattiverie da parte degli altri. Il film da quarantena di oggi parla di una forma di bontà pura, tanto raffinata nella sua raffigurazione da essere valsa a Lazzaro Felice, disponibile su Netflix, il premio alla miglior sceneggiatura al Festival di Cannes. Perla del cinema italiano contemporaneo, il film si pone il triste compito di rappresentare le conseguenze negative della troppa ingenuità, che spesso non è dovuta alla mancanza di giudizio, quanto ad un cuore eccessivamente aperto.
La storia di Lazzaro è un ritratto autentico e completo di questo lato del carattere umano, tratteggiato con estrema delicatezza da Alice Rohrwacher. Delicatezza che il film da quarantena mischia all’amarezza, quando a ostacolare la convivenza del protagonista con la pace del mondo si contrappongono gli interessi materiali delle persone. Lazzaro è un giovane contadino di una località immaginaria chiamata L’Inviolata situata nell’alto Lazio. Vive la sua vita in pace col mondo e mettendosi a disposizione di tutti. La sua nobiltà d’animo viene però sfruttata sia dagli altri contadini della tenuta che da Tancredi, figlio della marchesa Alfonsina De Luna.
Tancredi obbliga Lazzaro ad aiutarlo a organizzare il suo stesso rapimento. Gli eventi portano al disfacimento della tenuta e all’arresto della marchesa De Luna. Liberati dai carabinieri, i contadini finiscono nelle periferie di una grande città dove, dopo molto tempo, arriva anche Lazzaro, che poi incontra Tancredi, ridotto in miseria perché la banca gli ha portato via tutto. Quando Lazzaro si presenta nell’istituto di credito per chiedere che siano restituite a Tancredi le sue proprietà, nasce un equivoco per cui viene creduto un rapinatore, finché…
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