La lotta alla mafia è un caposaldo ideologico della nostra cultura, checché ne dicano i rotocalchi esteri o le notizie di cronaca nera del mezzogiorno. Essere anti mafioso significa essere a favore della civiltà civica, tanto quanto essere anti fascista, poiché sempre di regimi dittatoriali violenti si tratta. Uno dei passaggi fondamentali della lotta alla criminalità organizzata è stato il Maxi Processo, al quale non ci si sarebbe mai potuti arrivare senza la collaborazione di Tommaso Buscetta, che istruì Giovanni Falcone alla comprensione della struttura sociale di Cosa nostra, all’epoca sconosciuta. I fatti legati a Buscetta hanno ispirato il recente Il traditore, acclamatissimo a Cannes 2019, ma nonostante riesca a ricostruire i fatti drammatici con esemplare sensibilità, non può entrare nel merito quanto un documentario. Il film da quarantena di oggi, disponibile su Netflix, è appunto un approfondimento sulla vicenda utile a comprenderne meglio le dinamiche.
Uscito col titolo Our godfather: la vera storia di Tommaso Buscetta, il film da quarantena di oggi offre una visione meno romanzata, seppur drammatica, sui fatti che nel 1986 portarono l’allora don Masino a collaborare con la giustizia internazionale, a seguito di una serie innumerevole di fatti di sangue che costarono alla famiglia Buscetta ben undici morti. Pur nutrendo un rispetto reciproco, il mafioso e Falcone rimasero sempre diametralmente opposti a causa della visione politica del collaboratore, che non rinnegò mai Cosa nostra, pur denunciandone la tendenza snaturata che l’organizzazione prese con l’avvento di Totò Riina. La mafia, lo sappiamo, non è mai stata una cosa buona, ma osservarla più da vicino grazie alla storia di una persona che ne ha fatto parte per poi contrastarne le dinamiche la rende non più solo un fenomeno antagonista della civiltà, ma una struttura fatta da uomini.
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