The Man in the High Castle di Amazon Video è diretto verso dimensioni parallele a quella ucronica della serie. Dopo due stagioni basate sulle intuizioni di Tagomi sull’esistenza di un mondo parallelo, la trama è pronta per svelare questo dettaglio. I produttori si sono posti l’obiettivo di andare molto più a fondo nell’universo fantascientifico della serie, confermando che la terza stagione di The Man in the High Castle fungerà da trasposizione del sequel de La Svastica sul Sole mai pubblicato da Philip. K. Dick. EW ha intervistato Daniel Percival e Dick Hackett e i due hanno approfondito alcuni aspetti di questa stagione in arrivo – e tanto famelica di premi che contano!

Come avete capito che la trama della terza stagione di The Man in the High Castle dovesse trattare questi argomenti?
Siamo partiti dalle scritture non pubblicate di Dick. Leggendo questi capitoli, molto tempo fa, abbiamo pensato a come elaborarli cinematograficamente. In questi racconti i Nazisti cercavano una soluzione che gli permettesse di sfondare la nostra dimensione e invaderla, ma infrangendosi contro costanti fallimenti.

Sembra che questa stagione sia molto più fantascientifica quindi. Che sfide avete affrontato per realizzarla? È stato complicato realizzare così tante sotto trame?
Una cosa del genere è molto semplice se parti a raccontare fatti inerenti a un singolo personaggio, in modo che la narrazione sia già impostata su più livelli e puoi coinvolgere molti più personaggi secondari che non influiscono sulla trama principale, rendendo comunque il tutto coerente. È stata una sfida, più sviluppavamo la terza stagione di The Man in the High Castle più le cose si intricavano anche nel modo in cui elaboravamo i pensieri.

The Man in the High Castle cinematown.it

Cosa potete dire riguardo a John Smith? Ha concluso la seconda stagione affrontando lui stesso una visione alternativa del mondo, non tanto fantascientificamente, quanto personalmente, dopo aver perso il figlio.
Capire fino a che punto l’agire di John è mosso di interessi ideologici, è una domanda che ancora adesso attanaglia i creatori. È un nazista fatto e finito, ambizioso e ispirato, o potrebbe essere semplicemente un uomo che cerca di sopravvivere nel modo più arduo?

Le scelte atroci che prende, sono le stesse che prenderemmo noi date le circostanze? Sono dilemmi scomodi quando costruisci un personaggio, infatti ancora non sappiamo motivare la sua natura. Ciò che però John ha paradossalmente dimostrato, è che si può essere un buon padre e un buon marito nonostante l’ideologia di appartenenza.

Non posso non fare questa domanda: il fatto che il Nazismo sia ancora così presente nella nostra società, ha fatto sì che The Man in the High Castle prendesse una certa piega? Possiamo ritenere la serie in un certo senso scomoda?
Il mondo reale è divenuto molto simile a quello dello spettacolo, ed è terrificante, ma non credo proprio che la gente stia assumendo gli atteggiamenti di quello che vede nelle serie. Continueremo a mostrare particolari molto enfatici, come il ruolo della resistenza nella terza stagione. L’idea di base di questo progetto viene dai romanzi di Dick, il pubblico riesce a scindere le cose. In un certo senso, The Man in the High Castle può servire alle nuove generazioni per imparare cosa sia stato il Nazismo, cosa esso comporterebbe se venisse applicato nella società reale.

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