“Forse hai ragione. Più si è feriti e più si è grandi. E più si è vuoti. M’hanno usato per i loro divertimenti, nutrito di roba scadente.”
Kevin Spacey recita così le bellissime parole di The Boxer – La Nostalgia del poeta di Gabriele Tinti, parole profonde, che rispecchiano perfettamente ciò che l’attore ha vissuto e che sono però state scritte molto tempo prima dei fatti che lo hanno travolto.
Ore 18,30, mi trovo all’interno della saletta che ospita la statua del Pugile a riposo, attribuita a Lisippo, nella suggestiva cornice di Palazzo Massimo alle terme. La struttura bronzea trasmette tutta la storia, la tenacia e la forza che la caratterizzano. Un imprevisto temporale estivo ha conferito al terso cielo dell’estate romana, una luce quasi magica, come a voler donare ancora più solennità all’evento che di lì a poco sarebbe avvenuto. Lo scrosciante applauso degli avventori del museo precede l’entrata di Spacey nella sala, dove ad aspettarlo vi sono pochi fortunati che potranno assistere all’incredibile performance dell’attore accanto alla statua del pugile. Ad introdurlo è Gabriele Tinti, 40enne, scrittore italiano, che dice di aver convinto l’attore “grazie alla bellezza di un’idea”, un concetto mai banale, quasi a volerci ricordare che sarà la bellezza a salvare l’umanità, partendo da ciò che di più bello esiste al mondo: l’arte.
“Per favore, ripeti. Non riesco a sentire quello che dici. Il mio viso è di bronzo, non lo vedi?”
La voce profonda di Spacey risuona nella piccola sala, diventa un tutt’uno con la statua, sembra quasi sentirla parlare, vederla muoversi; anche gli occhi vuoti del bronzo prendono una forma, diventano profondi, diventano quelli di Kevin Spacey. Ed è come se il tempo non fosse mai passato, come se questi due anni di assenza non fossero esistiti e non avessero segnato in alcun modo l’incredibile talento dell’attore che lascia tutti noi senza parole. Assistiamo quindi ad un’interpretazione unica, teatrale, distinta da quelle che siamo soliti vedere sul grande e piccolo schermo; ci siamo solo noi, lui e la statua.
“Ho scosso il paese, scrollato le arene, fatto a pezzi gli avversari. Ho illuminato il buio, raccolto gli insulti, costretto agli applausi. Non tutti l’hanno saputo fare. Non te, non voi. D’altronde la vita non è uno spavento per chi non l’ha mai rischiata. Chi mi può capire? Con chi posso ancora parlare?”
Ad avvalorare le parole di Tinti, che ha individuato in Kevin Spacey la persona giusta per leggere la sua poesia, vi sono anche le incredibili analogie tra i versi del poeta e la vita dell’attore. Dagli avversari fatti a pezzi, agli insulti raccolti, fino al rischio, che rende la vita spaventosa, ma che la rende anche “vissuta”; e che ricorda tanto la frase spesso ripetuta da Spacey durante i suoi discorsi: “The risk-takers are rewarded”, ovvero, coloro che si prendono dei rischi vengono ricompensati. E così è stato per Gabriele Tinti, che ha confessato a Rolling Stones di aver convinto l’attore a recitare la sua poesia inviandogli un’e-mail, spiegandogli anche di come il fruitore medio di opere d’arte rimanga attratto dai 10 ai 15 secondi. Un tempo irrisorio, che ha incuriosito Spacey e lo ha convinto ad accettare la sfida, vinta a mani basse, quando ha lasciato tutti noi a bocca aperta per dieci minuti davanti all’arte di Lisippo, di Tinti e alla sua.
Gli avventori del museo, che non hanno potuto assistere alla performance di Spacey nella piccola sala della statua, l’hanno richiesto a gran voce nell’atrio, dove lui ha ripetuto l’interpretazione della poesia per tutti i presenti. Questa volta visibilmente più emozionato, ha recitato le parole di Tinti con un trasporto diverso, davanti ad un pubblico rapito dalla bravura dell’artista. Gli smartphone alzati, a riprendere quella che è una delle più belle performances di sempre, quasi a volerla salvare per ricordarla per il resto dei giorni, per ricordare a loro stessi ciò che hanno fortuitamente vissuto: “È qui, Kevin Spacey è tornato, sta recitando qualcosa di bellissimo e lo sta facendo davanti ai miei occhi”.
“Stolti! Non potevate immaginare che sarei resuscitato in questo vestito di metallo, che sarei tornato a fissarvi con il mio volto scuro, senza labbra.”
Le parole di Spacey divengono più concitate, il pugile sta soffrendo, l’incontro sembra essere ormai perso, il sangue svetta dal corpo e noi lo stiamo vedendo, è lì, in piedi, davanti a noi e si dimena, e non vuole cedere, non vuole darla vinta all’avversario. “Finiscilo!”, perché cedere non è un’opzione, perché i suoi colpi fanno male ma la cosa più importante è tenere duro e andare avanti, perché il dolore è forte ma dura poco, “ma dura un attimo, dura un attimo soltanto” e poi finisce; poi è tutto splendore:
“lì dove sono
tutto
è calma
e voluttà
e piacere
tutto
è amore
mi guardo
e vedo un uomo
un uomo soltanto.”
E sulla scia di queste ultime parole parte un forte applauso che commuove l’attore, e i presenti. Quella all’aperto è stata una performance ancora più emozionante, per noi e per lui, che per la prima volta dopo due anni, ha potuto esibirsi davanti al pubblico che lo ha sorpreso con un importante calore. Spacey si è così dedicato a tutti i presenti, tra selfie, autografi e chiacchiere; il souvenir di un’incredibile esperienza che tutti porteranno nel cuore.
Chi meglio di un Kevin Spacey reduce da un momento difficile poteva dunque recitare queste parole? quasi come il pugilatore a riposo di Lisippo, che venne rinvenuto nel 1885 alle pendici del Quirinale, nascosto con cura per migliaia di anni, uscito lentamente dal terreno in cui era stato racchiuso, come a svegliarsi da un lungo sonno per poi risplendere di luce propria e farsi ammirare da milioni di persone.
A tutti noi sovviene, dunque, la difficoltà di tutto ciò che Spacey ha dovuto affrontare, compresi i titoli poco lusinghieri delle testate estere, non presenti all’evento, che hanno ipotizzato un certo sgomento da parte degli avventori del teatro, cercando, nuovamente, di sfruttare la loro visibilità per affossare Kevin Spacey. Ma i più saggi di noi lo sanno, sanno che le idee e la bellezza di esse sono più forti della diffamazione e che, cosa più importante, l’arte non può essere cancellata.