Tutte le volte che vediamo un film riguardante una donna che vuole fare carriera, deve per forza esserci dell’amore. Oppure è l’uomo, il suo Principe Azzurro, che l’aiuta a realizzarlo. Ho pensato che fosse molto moderno mostrare una donna focalizzata solamente sulla sua carriera.
Questa era la dichiarazione di Isabella Rossellini per il The Sunday Times Style all’uscita di Joy, film del 2015 diretto da David O. Russell, con protagonista Jennifer Lawrence nei panni della madre single Joy Mangano, che negli anni ’90 ha inventato il Miracle Mop, un mocio per pulire i pavimenti.
La Rossellini – attrice 66enne, figlia del noto regista italiano Roberto Rossellini e dell’attrice Ingrid Bergman – ha definito Joy un “film davvero femminista, un grido di battaglia per tutte le madri lavoratrici”.
La più grande sfida per le madri è sempre stata riuscire a conciliare il lavoro con il ruolo di madri. Certo, le donne ora possono entrare nel “mondo dei uomini” ma per una donna che vuole dirigere film, per esempio, è impossibile se hai dei figli. Tante donne che hanno questo desiderio rinunciano e scrivono un libro piuttosto.
E lei probabilmente lo sa bene visto che di figli ne ha due. Rossellini nel film interpreta Trudy, amante del padre di Joy nonché colei che finanzia Mangano per aiutarla nel suo business.
Joy è uno studio sulle donne e la loro indipendenza. Io ho sempre sognato di lavorare e avere i miei guadagni perché se inizi a chiedere soldi a tuo marito o a tuo padre non sei più libera.
Joy – Per una donna le difficoltà sono doppie
Forse non è un film perfetto, ma fa sempre piacere vedere un biopic, un film biografico (anche se Russell lo ha definito a metà tra lo storico e l’invenzione) su un tema così ancora fortemente attuale, in un mondo cinematografico dominato dal femminismo e il movimento #metoo.
Ci sono tantissimi film che celebrano le vite di uomini che hanno fatto qualcosa per cambiare il mondo – basti pensare a Il Gladiatore, The Social Network, Steve Jobs – ma c’è bisogno di vedere anche la controparte femminile, non solo come un banale copia-incolla della loro vita, ma con tutte le sfumature e le difficoltà che una donna deve affrontare. Perché, per quanto si possa progredire e superare le barriere, ci saranno sempre dei limiti che alle donne verranno imposti.
Il film mostra fortemente queste difficoltà, i limiti con cui una donna si scontra nel cercare di raggiungere i propri sogni. Perché Joy, oltre ad essere una business-woman, è anche una madre single di due figli con una situazione familiare non proprio idilliaca: una madre che vive perennemente incollata alla televisione, un marito da cui ha divorziato che vive sotto il suo tetto ma non si occupa dei figli e pare che Joy sia l’unica che porta il pane a casa.
Quindi oltre al tema del femminismo, c’è anche la riflessione su come a volte prendersi cura delle persone a cui si vuole bene significa anche dover rinunciare a sé stessi e ai propri obiettivi.
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Joy – I “super-poteri” delle donne
Ci sono delle scene interessanti che mostrano Joy confrontarsi con altre persone nel business, con uomini sostanzialmente e qui Russell ci suggerisce la persistenza di una seconda ondata sottile e insidiosa di sessimo. In parole povere, gli uomini che interagiscono con Joy non le fanno del bullismo esplicito e non la minacciano, tuttavia la guardano con fare minaccioso, la imbrogliano e le mentono. La sottovalutano, non si aspettano che sia abbastanza intelligente da capire i dettagli di un contratto.
Ma sarà proprio, per così dire, il “super-potere” di Joy ad aiutarla anche in questo campo, ovvero l’essersi dovuta prendere cura di una famiglia disfunzionale, le difficoltà economiche nelle quali si trovava costantemente, l’indifferenza e il sessismo del mondo del business. Insomma, accudire i figli, occuparsi dei genitori, avere a che fare con un marito assente e gestire le economie della casa insegnano qualcosa anche sul mondo che c’è “fuori dalle mura della casa”.
Joy – self-made woman
Tante volte le persone ottengono cose belle e iniziano a pensare in modo diverso. Siamo arrivati qui grazie al duro lavoro, alla pazienza e all’umiltà. Quindi voglio dirti, non pensare mai che il mondo ti debba qualcosa perché non è così. Il mondo non ti deve proprio niente.
Dice a un certo punto Joy alla figlia Christie e ha pienamente ragione. Tante volte pensiamo che le Brave Persone, intelligenti, intraprendenti e con una visione chiara della vita e di quello che vogliono fare possano raggiungere il sogno americano e magari è così ma non sempre accade.
Acclamata come una storia di lealtà, amore e valori profondamente radicati, David O. Russell ha creato un racconto di certo seduttore, ma nell’odierno clima che vede i debiti in costante crescita e di disuguaglianza di entrate, questa fiaba neoliberale pare una grossolana bugia. Per la prima volta dopo tanti decenni, la classe media americana si è ridotta a meno della metà della popolazione, quindi in un tale contesto Joy pare essere meno “gioiosa” in un contesto politico ansioso e fortemente estremizzato in cui probabilmente tutti quanti si sentono piuttosto abbandonati da una classe politica che preferisce scaldare le sedie che preoccuparsi veramente dei suoi cittadini.
Tuttavia Joy Magano incarna perfettamente la figura della “self-made woman” che può dare speranze e ottimismo a giovani ragazze e ragazzi in un contesto politico-sociale che pare essere loro contrario.
Certo, la situazione è cambiata rispetto agli anni Novanta e tante barriere sono state abbattute, ma per tanti passi avanti che si fanno altrettanti se ne fanno anche all’indietro.
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