Verso la fine del 2018, ad Albuquerque, circolava un camper in stile Breaking Bad che destava l’attenzione di tutti i cittadini. Dopo qualche soffiata, si venne a sapere che il veicolo era lì per un motivo ben preciso, ovvero la realizzazione di uno spot turistico sulla città. In realtà, nonostante ad incoraggiare la notizia vi fossero perfino dei volantini appositi, il camper era lì perché tutto lo staff della serie era impegnato con le riprese di El Camino, il film sequel che verrà presentato in anteprima su Netflix dall’11 ottobre prossimo. Ogni dettaglio in merito al film era stato tenuto ben nascosto da Vince Gilligan per fomentare una sorpresa dell’ultimo minuto, cosa che a molti di noi ha quasi causato un infarto una volta rilasciato il primo teaser.
El Camino, stando a quanto riportato, durerà circa due ore. Gilligan si è cimentato nella scrittura e nella direzione del film per ben diciotto mesi, per dare un continuo ai fatti avvenuti oramai sei anni fa, quando abbiamo visto Walter White – forse – morire sul pavimento del laboratorio di Blue Sky da cui Jesse è poi fuggito, e su cui un attesissimo trailer ufficiale previsto per gli Emmy saprà dirci di più. Quel che è certo – nonostante gli spoiler di Gilligan, risaputamente inaffidabili – è che rivedremo almeno dieci personaggi noti visti tra Breaking Bad e Better Call Saul, di cui due saranno sicuramente Skinny Pete (Charles Baker) e Badger (Matt L. Jones).
El Camino, inoltre, sarà una grande sfida per Gilligan, essendo il primo tra i creatori di grandi serie pilastro della televisione odierna a svilupparvi un lungometraggio – in attesa di quello di David Chase su I Soprano, previsto per l’anno prossimo. La sfida si basa su un enorme rischio, ovvero quello di intaccare l’universo narrativo così ben cristallizzato che conosciamo, già messo recentemente alla prova – seppur superata a pieni voti – da Better Call Saul, la cui quinta stagione è arrivata al termine delle riprese poche settimane fa. I due hanno raccontato la loro esperienza e qualche dettaglio in più durante un’intervista all’Hollywood Reporter.
Rimuginavo sull’idea di El Camino da anni oramai, ma non lo dissi a nessuno perché non ero sicuro di volerlo fare. Poi però la domanda su che fine avesse fatto Jesse iniziò ad assillarmi. Lo vedi andare via verso quello che credo sia un lieto fine, ma col passare degli anni ho cercato di capire a quali possibilità potesse aprire il finale di stagione. Dissi ai miei collaboratori di voler fare qualcosa su Jesse durante la reunion per il decennale di Breaking Bad. Con la produttrice Melissa Bernstein pensammo addirittura ad un cortometraggio di cinque minuti, ma non appena ci siamo messi al lavoro, abbiamo capito che c’era davvero un mondo da approfondire.
È tipico mio sedermi sulle cose almeno per un po’. Quando ho iniziato nei primi anni ’90 ero il più pigro delle produzioni a cui partecipavo. Mi ci sono voluti due anni per scrivere la prima bozza di sceneggiatura di un progetto, solo perché non avevo nessuno a mettermi il fiato sul collo. Ero privo di etica lavorativa, ma con la televisione è cambiato tutto, sebbene per El Camino sia tornato ad uno stile di vita molto solitario, come tutti gli sceneggiatori.
Lavoro con eccellenti scrittori oramai da oltre un decennio e ho dimenticato come fosse scrivere qualcosa da solo, mi sono sentito scoraggiante. Improvvisamente mi sono sentito solo e incapace, ma poi i miei soliti trucchi del mestiere mi hanno salvato. Annotavo tutto sul mio block notes, come faccio di solito, e ho iniziato la prima bozza alle Bahamas.
Collaborare con Netflix ha garantito a Breaking Bad di restare sulla cresta dell’onda per tutti questi anni, grazie al fatto che è stato disponibile in catalogo praticamente da subito. Per El Camino, la nostra collaborazione con Sarandos è stata fondamentale per regalare agli spettatori qualcosa di unico, ovvero le sale cinematografiche. Ogni volta che un fan si è dedicato alla visione dei miei prodotti, ha avuto la sensazione di essere alle prese con un prodotto filmico anziché televisivo. Ero sicuro di voler regalare a tutti questo tipo di esperienza.
La segretezza con cui è stato prodotto El Camino si è estesa anche al budget, che nessuno dei coinvolti a potuto rivelare – sebbene si sapesse che è il più alto mai investito per un prodotto della saga – oltre a non poter letteralmente far trapelare nulla anche di irrilevante. I set e gli attori erano trasportati in giro impacchettati e oscurati e agli addetti ai lavori fu imposto il mantra “non parlarne con nessuno nemmeno quando sei al bar, dio solo sa chi può essere quello con cui stai parlando”. Il film sarà sicuramente colmo di dettagli riconoscibili da tutta la fanbase più devota, motivo per cui secondo Gilligan El Camino potrebbe non piacere a chi non ha guardato la serie.
Se non hai ancora guardato Breaking Bad dopo dodici anni, non credo che lo farai ora, e se lo farai, mi auguro che il film possa essere ancora coinvolgente. Sono certo che se non conosci l’universo narrativo non ti potrai divertire più di tanto, poiché non mi sono soffermato in nessuno dei passaggi a dare spiegazioni a chi non conosce la saga. Ci avevo pensato all’inizio, ma poi ho preferito lasciar perdere.
Con El Camino Gilligan ha deciso di togliersi una grande soddisfazione, facendo qualcosa di visivamente inesplorato in Breaking Bad. All’epoca infatti i produttori gli negarono l’utilizzo del CinemaScope, ma grazie a Marshall Adams ha potuto girare il film con una ARRI Alexa 65 – già usata in The Revenant – in un formato fide-screen da 2,39. Questa dimensione ha alimentato il perfezionismo di Gilligan, davvero poco assecondabile dai ritmi e dai costi della televisione, tanto che l’andamento produttivo si è abbassato dalle otto pagine di sceneggiatura al giorno girate durante Breaking Bad, a tre ore e mezza di lavoro a giornata. Le riprese di El Camino si sono svolte per lo più ad Albuquerque, anche se il budget più elevato ha fatto sì che ci si potesse spostare anche in altre location fuori dal New Mexico.
Questo è il mio primo film da regista e ho voluto spingermi più in là, fare qualcosa di più, perché a differenza della televisione, qui hai tempo per sistemare le cose senza che decadano.
Per quanto riguarda Aaron Paul invece, da quando ha vinto l’Emmy per Breaking Bad la sua carriera ha preso un’andatura piuttosto originale. È tra i produttori di Bojack Horseman, è stato coinvolto nell’adattamento di Disney di Need for Speed, ha fatto da co-protagonista in Central Intelligence ed ha assunto ruoli di un certo spessore sia nel The Path di Hulu che nel Westworld di HBO, dove lo vedremo nella prossima stagione. Tornare nei panni di Jesse Pinkman è stato un colpo di scena inaspettato. Durante le riprese della serie, l’attore si è affidato a Bryan Cranston, evolvendosi drammaticamente e professionalmente.
I primi due anni furono davvero faticosi per me. Alla fine della giornata mi sono spesso ritrovato a girovagare alle tre di notte per Albuquerque, solo per entrare di più nella parte, ma non è stata una grande idea. Volevo restare nei panni di Jesse il più a lungo possibile, ma grazie a Bryan ho imparato a scrollarmeli di dosso e tornare a casa essendo solo me stesso.
Ho amato Jesse, l’ho conosciuto meglio di chiunque altro ed è stato davvero faticoso dovermi staccare da lui. Fino ad allora credevo di avergli detto addio per sempre e mi ci sono dovuto abituare. All’inizio del 2018 ero sul set di The Path, quando Vince mi chiamò per dirmi quello che stava facendo con El Camino. Ovviamente la mia prima reazione fu la paura, perché non volevo che rovinasse quello che avevamo fatto con Felina.
Poi però mi sono ricordato che si tratta di Vince, e salterei perfino nel fuoco se lui me lo dicesse tanto mi fido del suo giudizio. Una volta tornato ad Albuquerque è stato davvero facilissimo rivestire i panni di Jesse, sia mentalmente che emotivamente, perché avevo realmente attraversato quello che ha vissuto lui. Ho solo dovuto imparare le battute.
Riguardo quello che li spetta dopo El Camino, è Gilligan ad avere le idee un po’ confuse. Il film lo ha letteralmente sfinito e ora come ora non si sente pronto ad affrontare nulla di nuovo, sebbene non sia per nulla pronto al ritiro. Guardando oltre Better Call Saul, vede progetti che vanno al di là di questo universo narrativo. Ha in programmati fare un nuovo show dopo la quinta stagione, ma di cosa si tratta e dove verrà distribuito, ancora non lo sa. A stuzzicarlo sarebbe l’idea di un personaggio non troppo positivo, di quelli in cui è specializzato, perché secondo lui è molto più complicato coinvolgere lo spettatore con la storia di un bravo ragazzo, piuttosto che con quella di uno scapestrato.
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