Andrej Tarkovskij è, senza ombra di dubbio, uno dei registi più importanti del ‘900, riuscendo a produrre, nella sua breve vita, 7 film, tutti considerati capolavori e colonne portanti del cinema. Il suo stile è inconfondibile ed è considerato unico nel suo genere. La poetica dei suoi film lo contraddistingue dagli altri registi e ciò si deve alla sua concezione dell’arte e in generale, della vita. Andrej Tarkovskij non ha paura di esporre le sue idee attraverso i suoi film considerati l’epoca ed il Paese sotto regime in cui vennero prodotti che di certo non favorivano la libertà di espressione. Secondo il suo pensiero, l’artista deve cercare la verità e di esprimere se stesso, per questo motivo come direttore, Tarkovskij è inimitabile: non ha mai voluto imitare nessun autore prima di lui, solo esteriorizzare la sua mente.
Tarkovskij porta la sua visione della vita e dell’arte sullo schermo in modo coerente e completo, i suoi film aprono a riflessioni profonde sulla vita, anche se il regista ha più volte sottolineato di non voler dimostrare una verità assoluta ma di usare l’arte come uno strumento di ricerca personale. Nonostante ognuno di noi sia diverso uno dall’altro, siamo parte di un’insieme che ci accomuna e la nostra sostanza è la stessa: siamo fatti di emozioni, ricordi e pensieri. Questi tre elementi che compongono la nostra persona, sono ciò che Andrej Tarkovskij rappresenta, l’interiorità, la parte spirituale di un individuo con le sue contraddizioni e contrasti.
La poetica di Andrej Tarkovskij
Secondo Tarkovskij il cinema è “un mosaico fatto di tempo”, di conseguenza anche il ritmo dei suoi film è un elemento fondamentale che ci consente di capire il regista in profondità, inoltre il tempo è uno dei temi trattati indirettamente nelle sue opere. Molte persone considerano i film di Andrej Tarkovskij, difficili da vedere, a causa del montaggio e delle sequenze, relativamente lunghe, ma è proprio questo a renderlo unico a offrirci una chiave di lettura per analizzarlo. Dando tempo e “spazio” sulla pellicola a qualcosa o a qualcuno, il regista dà importanza a quello che sta mostrando; niente di ciò che vediamo sullo schermo è casuale, ogni elemento ha un significato di per sé, ma sta a noi dargli una lettura personale. Le riprese vengono fatte in modo per lo più soggettivo perché la telecamera siamo noi, la telecamera è il primo osservatore, è il primo sguardo scrutatore del mondo esterno.
Ogni elemento nel film è presente per un motivo preciso e durante il tempo in cui rimane sullo schermo lo possiamo osservare ed analizzare. L’abilità di Tarkovskij è quella di portarci in un luogo comune da cui le nostre risposte esistenziali, e questi luoghi sono le sue ambientazioni oniriche in cui il tempo e le immagini ci trasportano nei pensieri della nostra mente. Il mondo esterno e la natura rappresentata nei film di Tarkovskij sono parte integrante della storia, anch’esse rappresentazione del pensiero e del tempo, in ogni paesaggio è riflesso il viaggio dei personaggi.
Nel caso di Stalker, la Zona è disconnessa, è fatta di alti e bassi come la ricerca della verità; ne L’infanzia di Ivan, il bacio tra il soldato e l’infermiera avviene sull’orlo di un buco nella terra che riflette le sensazioni di entrambi ma con significati diversi e in Nostalghia, l’ultimo tentativo di ricongiunzione spirituale del protagonista, avviene in una chiesa bombardata. In nessun genere e in nessuna opera che non sia di Tarkovskij, inoltre, il silenzio è un elemento così importante: aiuta nella riflessione, nella ricerca e nell’osservazione del mondo spesso troppo caotico e pieno di parole. Per queste ragioni le ambientazioni e il ritmo non sono solo scelte estetiche ma sono parte integrante del lessico cinematografico di Tarkovskij, dove tutto ha importanza e fa parte di un unico mondo.
L’arte come ricerca interiore
Secondo Andrej Tarkovskij l’arte deve guidare le persone e deve avere uno scopo e l’artista deve usarla come mezzo per trovare le risposte a ciò che trascende la realtà. Quello che deve fare l’arte è aiutare a trovare il significato più profondo delle cose, per questo motivo, anche l’arte cinematografica ha una funzione spirituale: è ciò che ci accompagna nella nostra ricerca. La grandezza di Tarkovskij sta nell’offrirci questo mezzo per comprendere l’esistenza, e lo fa come nessun altro ha mai fatto né prima né dopo di lui. In un mondo in cui non siamo più abituati all’intima introspezione perché tutto ciò che è tangibile è l’unica cosa che conta, Tarkovskij crea qualcosa che ci aiuta a riflettere su quali sono le cose importanti, che contano davvero, se c’è di più oltre a ciò che vediamo.
Se siamo in grado di percepire la nostra interiorità nonostante non la possiamo né vedere né toccare, allora c’è la possibilità che le cose che rientrano nella ricerca spirituale, anche se non siamo in grado di comprenderle, è probabile che esistano. Secondo Tarkovskij solo chi resta senza risposte ripone le sue incertezze e il suo essere nella spiritualità. Se si guarda più a fondo, agli uomini rappresentati nei film del regista le riposte non vengono mai date nella loro realtà. È nella probabilità e nel dubbio che noi camminiamo costantemente ma è proprio questo che ci spinge alla ricerca di un significato più profondo delle cose, ed è questo nostro fluttuare nella vita che ritroviamo rappresentato sullo schermo quando guardiamo un’opera di Andrej Tarkovskij.
L’infanzia di Ivan (1962)
L’infanzia di Ivan è il primo lungometraggio di Andrej Tarkovskij, e già da questa opera prima sono chiari alcune caratteristiche del cinema del regista. In questo film vengono rappresentati gli orrori della guerra, soprattutto il loro impatto sulla vita di un bambino. Molti direttori dell’Unione Sovietica raccontarono gli orrori della Seconda Guerra Mondiale ma come sempre, Tarkovskij ha saputo distinguersi. La violenza causata dalla guerra viene accentuata dai sogni del giovane protagonista Ivan, il quale, è profondamente toccato dalla brutalità del tempo durante il quale è dovuto crescere. In questo film l’interiorità del personaggio è in forte contrapposizione rispetto alla realtà che è costretto a vivere nonostante la sua volontà di esserne parte perchè, ormai, incapace di avere paura di qualsiasi cosa succeda.
Andrej Rublëv (1966)
Andrej Rublëv, è il primo film in cui Tarkovskij tratta il tema dell’importanza dell’arte. Il film originariamente doveva essere una biografia del pittore del ‘400, trasformandosi poi in una metafora dell’impatto dell’arte sulla vita degli uomini. Tarkovskij non era interessato a rappresentare la vita del pittore medievale ma quello di riportare l’impatto che ebbero le sue opere. Con questo film il regista vuole, inoltre, dimostrare il legame del lavoro di un artista con l’epoca e il contesto storico in cui vive e a come non possa separarsi da questo nodo. Anche in questo caso, con Andrej Rublëv, Tarkovskij ha dimostrato di non adeguarsi al regime sotto il quale viveva, per questo, il film è più unico che raro in quanto realizzato in un’epoca in cui nessuno parlava di religione e di spiritualità.
Solaris (1972)
Solaris nasce come film anti-fantascienza in risposta ai film di Hollywood e ad altri, come per esempio 2001: Odissea nello spazio. Il film inizia con immagini della natura, luce calda e acqua, dichiarando così di creare un altro tipo di fantascienza che permetta la riflessione e che non sia vuota di contenuti. In Solaris veniamo trasportati nelle ferite più profonde del protagonista, Kris Kelvin uno psicanalista, il quale si ritrova di fronte al suo dolore senza saper dargli una spiegazione razionale. Il film oltre a porre domande esistenziali, tratta il tema dell’insignificanza della tecnologia e di come questa ci allontani dalla natura e dal nostro vero essere.
Lo specchio (1975)
Lo specchio può essere riassunto come la rappresentazione dei ricordi e dei sogni di un uomo in fin di vita. Questo film è uno dei più simbolici ed astratti tra le opere di Tarkovskij. Il regista, per la prima volta, fa uso dei colori, del bianco e nero, e dei toni seppia dipendendo dai diversi momenti del film. L’opera a parte ripercorrere la vita del protagonista unisce eventi della storia russa rendendo Lo specchio l’opera più personale di Tarkovskij perchè vengono così definiti, i momenti portanti della vita di un uomo in cui lui si riconosce. Nonostante la continua rottura della linea temporale e di conseguenza la difficile lettura dell’opera, il film rimane uno dei più belli del cinema entrando molto spesso nelle top 10 di molti cinefili.
Stalker (1979)
Stalker è il secondo tentativo di Tarkovskij con il genere fantascientifico. Il regista con questo film porta lo spettatore alla ricerca del senso e del significato dell’essere umano. In questo film di esplorazione, i protagonisti vagano tra la realtà e un mondo soprannaturale chiamato “la Zona”, che se attraversata permette di capire il significato più nascosto dell’esistenza. Stalker, secondo Tarkovskij, è un’opera di fantascienza riuscita molto meglio di Solaris perchè è riuscito a mantenere il suo linguaggio e l’estetica prendendo però le distanze dai canoni tipici del genere.
Nostalghia (1983)
Nostalghia è il primo film del regista fuori dai confini russi. Vista la condizione di Tarkovskij di espatriato, il film riflette sul legame dell’uomo con il proprio Paese e le proprie radici storiche e culturali. Nostalghia riporta perfettamente i sentimenti di Tarkovskij durante la sua permanenza in Italia e la sua forte sensazione di essere un emarginato nel Paese in cui si trova. In questo caso, l’uomo ricerca la sua appartenenza e le propri origini invece di qualcosa di intrinseco in quello che lo circonda o in se stesso.
Il sacrificio (1986)
Il sacrificio esplora la volontà dell’uomo ad abbandonare tutto ciò che è materiale. Nel film viene annunciata alla televisione una catastrofe imminente e il protagonista si rivolge a Dio per far in modo che questo non accada, portandolo a distruggere tutto ciò che gli appartiene inclusi i legami personali. Secondo Tarkovskij il film vuole dimostrare la possibilità dell’uomo di riconciliarsi con la vita ritrovando un’unione con la fonte del suo spirito. Questo film è la perfetta chiusura del percorso cinematografico ed artistico del regista il quale, purtroppo, ci lasciò nove mesi dopo l’uscita di quest’ultima opera.
LEGGI ANCHE: Chungking Express – il movimento dei sentimenti e del tempo
Discuti di questo argomento e molto altro nel gruppo Facebook CinemaTown – Cinema e Serie Tv