Il flop. Quel risultato tanto temuto quando un film costoso non trova un riscontro di pubblico adeguato o viene fatto passare in sordina. Indipendentemente dal fatto che un film sia costruito grazie alla collaborazione di centinaia di addetti ai lavori, quando i risultati puntano in basso qualcuno deve essere messo contro il muro, il che, senza troppa meraviglia, è la sorte tipica del regista di turno. Diamo un’occhiata a dieci flop che hanno rovinato la carriera dei registi, oltre che essere affondati al botteghino – spesso divenendo poi dei cult – seguendo una sorte a dir poco galileiana.
La Lettera Scarlatta (1995), Roland Joffe
Dopo aver lavorato in tv in Inghilterra, Roland Joffe ha collaborato col produttore David Puttnam in alcune produzioni che all’epoca sembrarono piuttosto promettenti. Per primo Urla del Silenzio, un toccante racconto sulle atrocità commesse in Cambogia durante la pulizia etnica; per secondo Mission, di cui tutti noi conosciamo il prestigio. Entrambi i film erano contraddistinti da una fotografia curatissima.
Seguirono L’Ombra dei Mille Soli e La Città della Gioia, entrambi successi di minor conto rispetto ai primi due ma comunque apprezzati dalla critica. Fu allora che la via del flop chiamò Joffe per un progetto più ambizioso tirandosi la zappa sui piedi con La Lettera Scarlatta. Il film non ha compromesso la carriera del regista ma lo ha condannato alla fama di cacciatore di gloria.
Goodbye Lover pretendeva di essere un cult thriller anni ’90; Vatel uscì per ingraziarsi la Miramax e il più recente Captivity è stato un misero tentativo di cavalcare il genere survival horror. Si è occupato di molti progetti televisivi ma dopo il flop de La Lettera Scarlatta i produttori non riescono a rivederlo come un regista a tutto tondo.
Lolita (1997), Adrian Lyne
Prima di questo flop, Lyne riuscì a cavalcare l’ondata di registi britannici che piantarono bandiera in America durante gli anni ’80, consacrandosi con Flashdance e regalando ai posteri una spettacolare Jennifer Beals in spandex dipinta dalla meravigliosa fotografia curata dal regista. Lo stile di Lyne era imponente e ben si prestava alle tendenze cinematografiche dell’epoca, firmando 9 Settimane e Mezzo, Attrazione Fatale e Proposta Indecente, tutti film mirati ad un pubblico adulto e raccontati in maniera elegante e accattivante dove è stato impiegato tutto il suo stile visivo.
Uno stile che rischiava di incollarglisi addosso e che cercò quindi di staccarsi, iniziando la via del flop con Allucinazione Perversa – elogiato all’unanimità dai critici ma poco seguito dal botteghino, come capita a molti dei capolavori registici per eccellenza. Il film è rimasto comunque un riferimento per i cultori del cinema del genere.
Un piccolo stop quindi, ma la carriera di Lyne si è del tutto bloccata dal 1997, quando uscì la sua versione di Lolita causando un depennamento dalle liste dei produttori. Il flop di Lolita è stato del tutto ingiustificato se paragoniamo gli introiti del film col suo valore artistico: il termine di confronto era quello di Kubrick e sebbene Lyne abbia sfidato il più grande regista di tutti i tempi, ne è uscito chiaramente vincitore.
Ciò nonostante Lyne riuscì a produrre L’Amore Infedele, capolavoro drammatico con Richard Gere e Diane Lane che sebbene superi la qualità di Lolita stessa, è stato presto dimenticato, così come il nome del regista attualmente inattivo dal 2002.
La Leggenda degli Uomini Straordinari (2003), Stephen Norrington
Con una carriera di grandissimo successo alla SFX, Norrington ha diretto l’horror Death Machine lanciandosi in cima ai registi promettenti degli anni ’90, toccando l’apice col primo capitolo di Blade. I produttori vedevano in lui una gallina dalle uova d’oro sofisticata, con un tocco dark rinnovato che faceva brillare gli occhi alle major. Invece di seguire questa tendenza, Norrington fece di testa sua salendo sul trampolino per il flop, iniziando con The Last Minute, film immediatamente dimenticato dove il regista ha comunque dimostrato di saperci fare e di avere talento. Fu allora che iniziò a sentirsi pressato per il suo prossimo progetto dal budget miliardario, vista la sua abitudine ad autofinanziarsi.
Dopo La Leggenda degli Uomini Straordinari – pellicola godibile per un pubblico più infantile, che oltre a segnare la fine della carriera di Norrington segna anche quella di Sean Connery – il regista si ritirò forse per la vergogna, dedicandosi alla scultura, sebbene prima del suo ritiro abbia scaldato un po’ gli animi venendo accostato a Scontro tra Titani e il remake de Il Corvo, progetti poi andati presto ad altri registi.
Gods of Egypt (2016), Alex Proyas
Il regista di origini greco-australiane aveva maturato un solido pedigree come recita di successo in grado di offrire al pubblico quel tocco in più, dal sapore unico, in qualsiasi produzione venisse impiegato. A poco serve citare il suo esordio con Il Corvo, dove perse la vita Brandon Lee e quale fu il suo enorme successo economico e di massa.
Riuscì a cavalcare quest’ondata di successo con l’ancora più impressionante Dark City, un sapiente miscuglio di Espressionismo tedesco, Clive Barker e le influenze fantascientifiche anni ’50, il tutto amalgamato da una sceneggiatura tanto oscura quanto giocosa. Nessuno si sorprese quando il film divenne immediatamente un cult, spopolando sul mercato dei DVD.
Nonostante Proyas si sia dovuto discostare dal suo stile classico nei più recenti Io, Robot e Segnali dal Futuro, queste produzioni ad alto budget sono servite da banco di prova definitivo, consacrandolo per il regista adeguato a tutte le situazioni che è stato fino a Gods of Egypt, di cui poco è commentabile, a partire dalla voragine oscura generata dal suo flop al botteghino.
Sarebbe ingiusto bollare la carriera di Proyas come finita a causa del film, ma gli servirà indubbiamente molto tempo per riprendersi, sopratutto a causa dei suoi commenti su Facebook dove accusava i moderni critici cinematografici per l’insuccesso del film, chiamandoli meno che inutili e avvoltoi malati. Comportamenti che, come sappiamo, in America non piacciono ai pezzi grossi. In molti ci penseranno due volte prima di scritturarlo per un franchise, ma capiamolo, ha sbroccato dopo aver prodotto un film che gli costò tanto ingegno e tanta fatica per un lungo numero di anni e finito per arenarsi al botteghino.
La Morte Corre sul Fiume (1955), Charles Laughton
Andiamo un bel po’ indietro nel tempo per raccontare la storia di uno dei flop che hanno quasi ucciso la carriera di un regista. Laughton è stato uno dei più grandi talenti del palcoscenico britannico prima di migrare ad Hollywood nei primi anni ’30, con le immortali interpretazioni di Capitan Bligh e Quasimodo nei celeberrimi La Tragedia del Bounty e Notre Dame.
Rubava la scena in ogni film al quale partecipava, collaborando con Hitchcock, Renoir, Lean e perfino Kubrick. Perfino Daniel Day-Lewis lo ha definito il più grande attore cinematografico di sempre, trovando fonte d’ispirazione nella carriera di Laughton. Fu sopratutto per questo che la scelta dell’attore di passare alla regia sorprese tutti a metà degli anni ’50.
Laughton diresse La Morte Corre sul Fiume, dove troviamo una delle migliori interpretazioni di Robert Mitchum e sebbene sia stato inserito in diverse classifiche ufficiali che proteggono il patrimonio cinematografico statunitense, all’epoca costò al regista l’allontanamento forzato dalla cabina di regia. Fu solo grazie alle sue immense doti recitative se riuscì a restare ai massimi livelli, facendo addirittura dimenticare ai produttori il suo tentativo.
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Il Mago del Furto (1991), Michael Lehmann
Lehmann emerse come regista di notevoli capacità, dirigendo Schegge di Follia, una commedia terrificante ambientata al liceo volta ad analizzare la cultura giovanile per il suicidio. Il film sfiorò il flop al botteghino, ma l’era nascente del VHS cambiò le sorti del prodotto – tanto da divenire un massimo esempio di merchandising hollywoodiano di successo.
Seguì I Cari Vicini di Casa, che non abbagliò il pubblico ma fece capire ai produttori che Lehmann era promettente e lo vollero per un blockbuster di successo. Peccato che Il Mago del Furto vide la luce e morì subito dopo, nonostante la presenza dell’emergente Bruce Willis, all’epoca ancora impegnato in ruoli goliardici.
Il flop non impedì a Lehmann di continuare a lavorare, producendo dei piccoli prodotti di tutto rispetto, ma il passo falso del ’91 gli ha impedito di consacrare il talento in maniera simile a quanto fatto da Tim Burton.
L’Uomo del Giorno Dopo (1997), Kevin Costner
Gli Intoccabili, Robin Hood, JFK, Guardia del Corpo e sopratutto Balla Coi Lupi. Questi erano solo alcuni dei titoli caldi che precedettero il peggior film di Costner, che cresceva in maniera costante e verticale sin dagli anni ’80, costruendosi la reputazione di attore must have. I tratti della sua recitazione riprendevano quelli dell’eroe classico dal volto duro ma col cuore tenero, divenendo oro colato per il botteghino.
Il tutto raggiunse l’apice con Balla coi Lupi, progetto per il quale Costner vinse l’Oscar per la regia e miglior film. Antefatto che presupponeva una strada spianata per l’olimpo, quindi cosa poteva andare storto? Ovviamente, L’Uomo del Giorno Dopo, film post apocalittico dove un uomo randagio scopre per caso l’esistenza del servizio postale, ripristinando le comunicazioni nazionali sfidandosi con un boss davvero – ma davvero – di basso livello.
Dopo il flop epocale e molti anni di duro lavoro, Costner è riuscito a conquistare uno status di maggior spessore nel settore – in progetti come Mr. Brooks e Thirteen Days – e sebbene i tentativi di emulare Liam Neeson non abbiano fornito i risultati sperati ha comunque ristabilito un certo tenore al botteghino. Va inoltre ricordato il suo meraviglioso Terra di Confine del 2003, un western mozzafiato splendidamente girato con alcuni tocchi magici alla Peckinpah. I critici osannarono il progetto ma non sfondò il botteghino. I tempi di Balla coi Lupi sono finiti da un pezzo.
L’Occhio che Uccide (1960), Michael Powell
Powell ha goduto di una delle collaborazioni filmiche più longeve di tutti i tempi, facendo coppia con lo sceneggiatore-produttore Emeric Pressburger. I due hanno creato alcuni degli sforzi cinematici più apprezzati della Gran Bretagna, tra cui Scarpette Rosse e Duello a Berlino. La loro eredità sarebbe continuata influenzando Scorsese, Romero e Coppola. Un lascito troppo grande per un flop così assurdo come L’Occhio che Uccide.
Dopo questo film, Powell ebbe difficoltà ad ottenere altre regie, non riuscendo nemmeno a lavorare in Gran Bretagna migrando in Germania e Australia, dove non riuscì comunque a ritrovare il successo. Tutto questo fino agli anni ’70, dove il film venne riproposto nei cinema d’essai rinvigorendo la reputazione di Powell con la critica. Il danno era ormai fatto, ma poté comunque mettere una pezza alla sua reputazione prima di morire.
I Cancelli del Cielo (1990), Michael Cimino
La sorpresa è grande – sia per Cimino che per il secondo posto della classifica, perché come vedremo c’è stato qualcuno in grado di fare di peggio. Il regista si lanciò letteralmente in cima al successo con soli due film durante gli anni ’70, epoca in cui Coppola, Scorsese e Bogdanovich erano ai massimi livelli dopo anni di gavetta.
Cimino si fece i denti come sceneggiatore, finché non impressionò Clint Eastwood quando si propose per dirigere Una Calibro 20 per lo Specialista, dove vediamo una colorata e stravagante corsa in movimento che guadagnò 21 milioni di dollari nei soli Stati Uniti. Cimino non si fece sfuggire i tempi maturi e produsse Il Cacciatore, un trattato straziante e poetico sulla guerra in Vietnam.
Con Hollywood ai piedi, si lanciò a piombo nella peggiore delle imprese cinematografiche mai affrontate da un regista, producendo I Cancelli del Cielo, un flop che non fece mai più riprendere Cimino dal fallimento. Sebbene continuasse a lavorare, nessun produttore gli concesse libero arbitrio o controllo totale sul film, il ché fece si che i suoi prodotti successivi gli macchiarono ancora di più la reputazione sui set.
Amore Estremo – Tough Love (2003), Martin Brest
A far peggio di Cimino c’è stato solo Brest, nonostante abbia dato del suo meglio in produzioni di tutto rispetto. Dopo aver prodotto Vivere alla Grande, ottenne il successo con Beverly Hills Cop, dove ha centrato l’obiettivo mescolando Eddie Murphy all’azione, la comicità e la distribuzione cinematografica durante il periodo estivo.
Il suo successo proseguì con Prima di Mezzanotte, film di altissimo livello con De Niro e Grodin, consacrandosi grazie a Profumo di Donna, che valse a Pacino il suo unico agognatissimo Oscar. Tutto sembrava filare liscio e sebbene Vi Presento Joe Black sia stato un apparente passo falso, non offuscò minimamente la reputazione del regista che decise di tornare al suo genere di origine con Amore Estremo, interpretato da Ben Affleck e Jennifer Lopez.
Il risultato è stato breve ma intenso: la carriera di Brest è morta all’istante e il regista venne allontanato dallo show business per sempre. Guardare il trailer per credere.