Blade Runner di Ridley Scott è senz’altro uno dei film che ha cambiato la storia del cinema per sempre. Pur non riuscendo a dare vita ad un franchise, infatti, la pellicola con Harrison Ford ha segnato un’intera generazione, riuscendo ad entrare nell’animo delle persone come solo il grande cinema riesce a fare.

Nonostante le difficoltà che ne hanno accompagnato l’uscita, e gli scarsi incassi al box office, le vendite home video hanno ripagato gli sforzi della produzione, rendendolo un cult che ha percorso i decenni. La particolarità principale risiede certamente negli svariati temi affrontati da Scott, che proviamo qui a riassumere.

Blade Runner: il rapporto creatore-creato

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Il rapporto con esseri superiori, potenziali generatori di vita, si è rivelato un tema ricorrente nelle opere di Ridley Scott, essendo stato affrontato più volte dal cineasta americano e non solo. In questo caso, vediamo l’essere umano nelle vesti di Dio, e le sue creature, i Replicanti, in cerca delle risposte che l’uomo cerca da sempre. Chi siamo? Da dove veniamo? Che senso ha la nostra vita? Possiamo vivere in eterno?

La pellicola è decisamente tranchant in merito, visto anche il dialogo tra Roy Batty e il suo creatore, lo scienziato Tyrell.

Roy Batty: Non è una cosa facile incontrare il proprio artefice!
Eldon Tyrell: E che può fare per te?
Roy Batty: Può l’artefice ritornare su ciò che ha fatto?
Eldon Tyrell: Perché? Ti piacerebbe essere modificato? […] Quale sarebbe il tuo problema?
Roy Batty: La morte.
Eldon Tyrell: La morte… Be’, questo temo che sia un po’ fuori della mia giurisdizione, tu…
Roy Batty: Io voglio più vita, padre! […]

Eldon Tyrell: Siete stati fatti al meglio delle nostre possibilità.
Roy Batty: Ma non per durare…
Eldon Tyrell: La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti, Roy. Guardati: tu sei il figliol prodigo. Sei motivo d’orgoglio per me.

Scott pare insistere sulla delusione che può derivare dall’incontro con i propri creatori, o con i propri stessi padri. (Per la cronaca, Batty alla fine della scena cava gli occhi e stritola il cranio del proprio creatore). Anche in alcune opere successive riprenderà lo stesso tema. Ad esempio, con Prometheus.
Nella pellicola, protagonista il talentuoso Michael Fassbender, la valenza è addirittura duplice: in primis è lo stesso David, l’androide, ad essere deluso dai suoi creatori, gli esseri umani.

Charlie Holloway: Credi che sia stata una perdita di tempo venire qui, eh?
David: La risposta a questa domanda dipende da che cosa speravate di ottenere venendo qui.
Charlie Holloway: Quello che speravamo di ottenere era trovare i nostri creatori, e fargli delle domande, prima fra tutte perché ci hanno creato.
David: Secondo lei perché voi avete creato me?
Charlie Holloway: Perché ne siamo stati capaci.
David: Pensi a che enorme delusione proverebbe se il suo creatore le rispondesse così…

Successivamente, anche gli esseri umani vengono delusi dai loro stessi padri, chiamati Ingegneri. Essi, infatti, (ATTENZIONE SPOILER) progettavano l’intera distruzione del genere umano, per motivi sconosciuti, e a proposito dei quali non intendono dare spiegazioni.

Curiosamente, la richiesta fatta dal capo della spedizione degli umani, Peter Weiland, all’Ingegnere trovato sull’astronave, è la stessa fatta da Batty a Tyrell: l’immortalità. Scott fa leva in entrambi i casi sul desiderio di protezione che tutti hanno dentro di sé, e nella speranza data dall’esistenza di qualcuno di superiore che possa salvarci, che sia onnipotente. Il riflesso di questo bisogno finisce presto sui propri genitori, creando una simbiosi tra Dio e padre che pare interessare molto a Hollywood, e non solo a Scott. In entrambi i film citati, le creature “sopravvalutano” i propri creatori, riponendo in loro speranze che non possono o non vogliono esaudire.

Sui rapporti padre-figlio, e quindi creatore-creato, si sofferma anche David Fincher nell’ottimo Fight Club. Nel film, il protagonista parla del rapporto con il padre, che lo ha abbandonato, e palesa la contrapposizione padre- Dio in un emozionante monologo.

I nostri padri per noi erano come Dio, se loro ci hanno abbandonati, questo cosa ti fa pensare di Dio? […] Non abbiamo bisogno di lui! Al diavolo la dannazione e la redenzione, siamo i figli indesiderati di Dio e così sia!

(Tyler Durden, Fight Club)

Anche in questo caso, poi, vengono evidenziate le conseguenze della delusione derivata dall’incontro con i propri padri. I figli paiono infatti perduti, senza una guida e senza uno scopo. Questo, in Fight Club, porta ad una violenta ribellione, che sfocia in una serie di attacchi terroristici. Non si discosta molto da quanto succede in Blade Runner, dove però Batty, ad un certo punto, si arrende, e si consegna al suo destino, con il monologo che tutti conosciamo.

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Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.

In Prometheus, invece, David si “limita” a cercare vendetta, progettando la distruzione del genere umano, proseguendo con il suo piano anche nel sequel, Alien: Covenant.

Blade Runner: il noir, l’antieroe e la femme fatale

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Blade Runner si concede molto, inoltre, ai canoni del classico genere noir. Essi sono, principalmente, relativi ai propri personaggi principali, ovvero la femme fatale, seducente e problematica, e l’antieroe, cupo e tenebroso, che trova appunto nella donna un motivo di speranza, per cominciare una nuova vita. Il rapporto tra Deckhard e Rachel pare proprio questo: lei lo salva, pur mettendolo in pericolo, da una vita che non lo soddisfaceva, portandolo a scappare con lei, senza una meta e senza certezze, come testimoniato dall’explicit alla fine della pellicola.

Tyrell mi ha detto che Rachel era speciale: nessuna data di termine. Non sapevo per quanto tempo saremmo stati insieme. Ma chi è che lo sa?

Un altro canone classico del genere è sicuramente la paranoia, trasmessa in più punti del film. La pioggia, prima di tutto, battente ed incessante per tutta la durata della narrazione, la rende più cupa e triste, noir appunto. Rappresenta inoltre la rassegnazione del protagonista al proprio destino, prima dell’incontro con la femme fatale che cambia tutto. Per non parlare dell’utilizzo dell’occhio umano, specchio riflettente di tutte le paure dell’animo, utilizzato come segno di riconoscimento per distinguere umani e replicanti. Una sola espressione sbagliata, durante il test di riconoscimento, ed il rischio è quello di essere scoperti, riconosciuti come non-umani e, quindi, eliminati.

Blade Runner: la differenza tra razze e il progresso

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Il mondo fittizio e distopico di Blade Runner si basa, fondamentalmente, su un unico concetto: la differenza tra umani e replicanti. Questa si fa però sempre più sottile, a causa del desiderio degli umani stessi, che hanno bisogno di replicanti sempre più simili a loro per potersi fidare. Curiosamente, anche questo tema è ripreso sempre in Prometheus e Covenant. Nella seconda pellicola, infatti, Walter, nuovo modello di androide, più recente rispetto a David, spiega al “collega” che i modelli come lui non sono più in produzione perché “troppo umani, spaventavano le persone“.

Sulla base di questo concetto si basa anche il sequel di Blade Runner, uscito lo scorso anno, Blade Runner 2049, in cui addirittura i replicanti (di nuovo, SPOILER) si mostrano in grado di procreare, abbattendo il muro che li divide dagli esseri umani, e rischiando così di intaccarne la supremazia. Il creato che si ribella al creatore. In questa confusione che si crea, torna utile anche l’ambiguità mostrata dal personaggio principale. Non viene mai chiarito del tutto, infatti, se Deckhard sia o meno un replicante, sebbene in un’intervista Scott abbia asserito che egli non sia umano.

Il mondo si basa su un muro che divide le specie. Tu dì ad entrambi i lati che non c’è il muro, e scoppierà una guerra.

(Blade runner 2049)

Anche l’assenza di controllo da parte della razza umana è un altro dei temi centrali, e non è affrontato solo da Scott. La sensazione che l’uomo voglia spingersi il più in là possibile, senza chiedersi se sia davvero necessario farlo, al punto di creare dei mostri, è infatti una tematica ripresa da più parti. Persino Jurassic Park di Steven Spielberg riprende questo concetto nel personaggio di Ian Malcom, che, in un dialogo con Hammond, proprietario del parco, afferma quanto segue.

Hammond: I nostri scienziati stanno facendo cose che nessuno ha mai fatto prima. [creando i dinosauri, ndr] Ian: Sì, sì, ma erano così preoccupati di poterlo fare che non hanno pensato se lo dovevano fare.

La paura che l’uomo, di fronte ad una scoperta, possa procedere senza pensare alle conseguenze, attanaglia quindi il mondo di Hollywood, impaurito dalle catastrofiche ripercussioni che ciò può avere.

Insomma, a distanza di decenni, appare inevitabile che un capolavoro come Blade Runner faccia ancora riflettere e discutere di tematiche sempre vive, senza limitarsi a mostrare muscoli e azione, che pure hanno una loro importanza dal punto di vista dell’intrattenimento. Possiamo dire che il cinema è in grado di essere tutto, all’occorrenza: intrattenimento, appunto, oppure motivo di riflessione. Nel caso del capolavoro di Ridley Scott, gli spunti per una discussione appaiono molteplici e sempre di stretta attualità, dimostrando come il cinema possa mescolarsi alla vita vera in ogni istante ed epoca.

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