Ci sono opinioni contrastanti riguardo al taglio apportato alla categoria comunemente chiamata “produzione di film a basso costo”. Alcune volte vengono anche chiamati – in inglese – “no-budget”, “ultra-low-budget” o “nano-budget” e i termini si riferiscono a un tipo di produzione cinematografica che sta diventando molto popolare che si trova al di sotto del budget minimo e a cui lavorano non solo i produttori novizi, ma anche in alcuni casi i veterani. Quando l’Università di cinema della Biennale di Venezia ha avuto inizio otto anni fa, il budget di 150.000 euro dato a ogni produttore sembrava basso.

E infatti, mentre i produttori – con film ambiziosi come The Fits, H., e Memphis and This Is Not a Burial, It’s a Resurrection – usciti da quel programma faticavano con il limite del budget, ottenevano invece successo nel consegnare singoli lavori che raggiungevano un’audience internazionale significativa attraverso i festival e la distribuzione cinematografica. Per molti produttori che faticano ad alzare i fondi di produzione oggi, il budget della Biennale sembra alto. Kentucker Audley, che detiene il website NoBudge che manda in onda film a basso costo, dice che lui si concentra su film realizzati con meno di 50.000 dollari.

È in qualche modo arbitrario perché puoi chiedere un crowdfunding a un film per 100.000 dollari e avere completo controllo creativo mentre, al contrario, potresti avere un investitore che ti mette 25.000 dollari, e ti vorranno spingere verso una direzione molto più commerciale. Penso che si tratti più di spirito di produzione di film che non della quantità di dollari del budget. Penso che sia attitudine e ribellione. Non conformarsi ai trend e gli standard della visione più facile.

L’anno scorso, il film di Tyler Taormina, Ham on Rye, ha avuto la sua première internazionale al prestigioso Locarno Film Festival ed è stato realizzato con solo 25.000 dollari. Quale limite di budget dovrebbe quindi definire i film a basso costo nel 2020? E, più importante, in un mondo in cui i servizi streaming dominano il mercato e in contemporanea girano le spalle ai drama a basso costo, che tipo di film dovrebbe essere prodotto all’interno dei parametri avari del microbudget?

Cosa si intende per film a basso costo? 

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Prima di tutto, spieghiamo un paio di cose: una zona sicura per definire la fascia alta al “microbudget” in opposizione al “low-budget” è la soglia di Screen Actor’s Guild’s per il loro Accordo ad Ultra Basso Budget (Ultra Low Budget Agreement). Per un film da cinema, girato completamente negli Stati Uniti, questo significa 300.000 dollari. Quindi, se la fascia alta è 300.000 dollari, quanto deve costare un film a basso costo? In passato, la risposta veniva data dalla tecnologia: il costo della camera, le luci e l’equipaggiamento per il film. La produzione di film low-budget prese avvio dopo la seconda guerra mondiale, e produttori come Ruth Orkin, Morris Engel e John Cassavetes hanno potuto lavorare con piccole crew e poche luci in piccole location.

Nei primi anni Sessanta, e poi fino agli anni Settantea a New York le produzioni cinematografiche di microbudget erano chiamate Experimental Underground. Jonas Mekas e i visionari Jack Smith, Ron Rice e Shirley Clarke erano piuttosto chiari quando dicevano che non avevano intenzione di rendere i loro film accettabili, nel senso, mainstream. Solo con la seguente generazione di New York, nell’era dei produttori di film ispirati dal genere rock-and-roll anni Ottanta, la narrativa commerciale è stata completamente abbracciata nonostante i piccoli budget. Film come Smithereens, Parting Glances, Variety e Stranger Than Paradise rappresentavano il ritratto di comunità alternative marginalizzate che, anche se più commerciali nella struttura, sfoggiavano le loro taglienti attitudini attraverso elementi estetici che spingevano oltre i limiti.

Nei tardi anni Ottanta e Novanta, i primi anni di filmmaker, una nuova generazione di produttori ha abbracciato l’attitudine del microbudget e realizzato i propri film come Go Fish e Poison. Allora, prima della rivoluzione digitale, i budget minimi erano organizzati attorno a costi fissi di un equipaggiamento cinematografico da 16mm o un Super 16mm, processori, il noleggio delle videocamere e la sala di editing. Quando le videocamere digitali hanno iniziato ad avere una risoluzione decente negli anni Novanta, allora si è assistito a un nuovo gruppo di produttori da microbudget che usavano delle videocamere “amateur”, molti dei quali, anche se economiche, non potevano registrare in 24p. La post-produzione era ancora sconosciuta e nascondeva le più grandi trappole di budget. Il grande rischio con queste camere era che anche con grandi acquisti, la qualità dell’immagine non assicurava al film di passare il controllo qualità delle trasmissioni internazionali e dei network di casa.

La sfida dei primi film a basso costo era più come usare tecnologie inferiori per ottenere risultati che permettessero a questi film di competere nello stesso mercato dei film di budget più alto con programmi di riprese più lunghi, luci più grandi e una cattura dell’immagine da 35mm. Problemi a parte, con l’avvento delle camere digitali in 24p si è iniziato, per la prima volta, a vedere la praticabilità del fare film microbudget che potessero affiancare i più tipici film dai costi più alti. Accanto alle camere 24p nel 1999 arrivò a New York una compagnia di produzione, Independent Digital Entertainment (InDigEnt) dedicata interamente alla produzione microbudget per i canali digitali che avevano bisogno di prodotti di qualità. La compagnia, creata dall’avvocato e produttore John Sloss, dal regista Gary Winick e IFC Productions, si è formata attorno all’idea di fare film per i microbudget (di solito attorno a 300.000 dollari).

Le produzioni potevano essere produzioni di compagnie parenti dell’IFC Productions oppure produzioni controcorente vendute al miglior offerente durante i festival. Infatti, Tadpole – che è stato venduto al Sundance a Miramax per 5 milioni di dollari nel 2002 – è entrato nel modello finanziari di InDigEnt. Con videocamere economiche (che InDigEnt ha comprato) e sceneggiature accompagnate da sostegni finanziari anticipati che potessero attrarre talenti nella recitazione, l’unica sfida rimanente per il modello microbudget di InDigEnt era il costo del lavoro.

A quel tempo, InDigEnt ebbe un approccio rivoluzionario alla questione della manodopera. Era piuttosto difficile predire quale dei film da 300.000 dollari sarebbe stato degno di assicurare un impegno minimo (minimum guarantee) a un festival o nel mercato. Quindi l’unico modo per motivare le persone a lavorare a uno stipendio da microbudget era far penzolare la carota, ovvero un piano di partecipazione da profitto lordo per tutti quanti, non solo i creativi più importanti. Harlan Bosmajian, che ha girato uno degli ultimi film a basso costo di InDigEnt, Starting Out in the Evening, ha detto che è stato pagato qualcosa come

125 dollari al giorno, e lo prendo ancora, ogni tre o quattro anni, un assegno da 125 dollari.

Oggi la tecnologia crea poche barriere di budget quando si arriva a girare in maniera professionale. E non hai bisogno di girare il tuo film su un iPhone; le tariffe di noleggio su un modello vecchio e completo di ARRI AELEXA sono piuttosto basse ora perché la richiesta di mercato è per ALEXA Mini. Molti direttori di fotografia possiedono le loro videocamere RED, Canon 5D Mark IV o Blackmagic e sono disponibili ad addebitare poco o niente per l’opportunità di girare un film drammatico. Per creare una immagine poeticamente forte un 2K è più che sufficiente per non devi fare qualcosa di composito o un CGI.

La manodopera di un film a basso costo

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Assumiamo che stai per iniziare una sceneggiatura ben scritta per cui il budget è tarato sull’estetica e non ha bisogno di CGI, periodi extra, grossi stuntmen, o trasferimenti complicati in più luoghi. Assumiamo anche di avere una sceneggiatura a basso budget, il problema di budget più grosso diventa la manodopera e la legge è molto chiara su come ciò funziona. Nel mondo del basso costo, a New York, c’è un detto:

225 dollari per 12.

Significa che per le leggi del salario minimo non puoi chiedere a qualcuno di lavorare più di 12 ore per meno di 225 dollari al giorno. Quindi facendo un calcolo di 10 posizioni nella crew a basso costo (10 volte per 225 dollari al giorno) e, diciamo che ci sono 18 riprese da fare al giorno (tre sei-giorni a settimana); aggiungiamoci anche 10 giorni di preparazione e due giorni di confezionamento. Tutto ciò si somma con 67.500 dollari solo per i membri della crew, senza tasse (chi lavora nel cinema non sono liberi professionisti per cui si devono pagare le tasse dell’organico. A New York, passando per una compagnia di contabilità, sono all’incirca il 18%.

Il contratto del SAG Ultra Low Budget permette di pagare il cast 201 dollari per 8 ore al giorno, oppure 697 dollari a settimana. Aggiungasi il catering, il servizio artigianale, le location, l’equipaggiamento, l’affitto dei costumi, le tasse legali, l’assicurazione e i costi di trasporto. Non dimentichiamoci anche di aggiungere la post-produzione, e i costi di consegna e festival. Quindi, è piuttosto chiaro che per riuscire a stare sotto i 100.000 dollari devi ridurre il costo della crew e anche i giorni di riprese. È attraverso la riduzione della quantità di manodopera da pagare e dei giorni di ripresa che i film a basso costo possono stare sotto i 100.000 dollari. Ma la domanda rimane: un approccio di questo tipo è giusto? Sottopagare – o non pagare affatto – la manodopera è eticamente corretto per creare il tuo film? Per rispondere a questa domanda, bisogna porsi una domanda esistenziale.

Perché fare un film a basso costo?

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In Francia, dove i diritti dei lavoratori non sono considerate parole sporche, i film a basso costo vengono piuttosto malvisti e addirittura considerati sfruttamento. Ci si chiede quindi se un sogno del genere valga davvero la pena di una manodopera non pagata o sottopagata e davvero arriverebbe alle luci della ribalta? Ma ci sono sia ragioni legittime che di sfruttamento per produrre film microbudget. Per esempio, se l’obiettivo di un progetto non è altro che produrre un biglietto da visita per far avere una carriera al regista o scrittore televisivo, allora il progetto dovrebbe essere un episodio pilota di mezz’ora con una crew pagata, e non un film a basso costo.

Ci sono certamente altre ragioni più valide per addentrarsi in questo genere – ragioni di invenzione estetica, o per raggiungere una comunità “indegna” oppure per fare dichiarazioni politiche, solo per nominarne alcune. Ma aldilà della ragione, bisogna sempre tener conto dei costi morali di queste questioni della manodopera. Sia gli investitori che la crew devono sforzarsi di entrare nella dinamica del film microbudget con la mente aperta. Inoltre, quando facciamo questo tipo di film, dobbiamo a tutti coloro coinvolti nel processo creativo la possibilità di conoscere in anticipo la vera natura delle difficoltà, non solo nel realizzare il film ma anche nel farlo vedere.

Praticamente nessun argomento oggi è taboo in televisione. Un soggetto radicale o una prospettiva politica non impediranno che il film venga fatto vedere su Netflix. Ma un’attitudine radicale verso la forma, il ritmo e la narrazione potrebbero portarlo in esilio dallo streaming. Quindi, la sfida che oggigiorno i produttori di film microbudget affrontano non è solo come realizzare un film con il meno possibile, ma è anche come unire l’audience attorno a un pezzoIl c di arte che parla una lingua che i media dominanti considerano incompatibile con i loro modelli fiscali. I servizi streaming hanno cambiato la percezione della narrazione di un film grazie alla loro eccessiva dipendenza alla trama per mantenere l’attenzione degli abbonati in un mercato di streaming molto affollato.

Quindi proviamoci e facciamo in modo che gli scrittori, i registi, le crew e l’audience si allineino per prosperare equamente, in una zona non di predatori, centrata attorno a cinema di comunità di proprietà dei locali e liberi dalle influenze e dalle pressioni finanziare esercitate da corporazioni di streamers e i loro grandi festival. Abbracciamo quello spirito così ben articolato da Jonas Mekas negli anni Sessanta, e vediamo il cinema microbudget non come una maledizione un sassolino di inciampo ma piuttosto come un portale verso più libertà cinematografica.
Nel suo Anti-100 Years of Cinema Manifesto, Mekas ha scritto:

Ai tempi della grandiosità, dello spettacolo, di film da cento milioni di dollari, voglio parlare a nome di quei piccoli, invisibili atti di umanità: così sottili, così piccoli, che muoiono quando vengono portati sotto l’occhio di bue. Voglio celebrare le piccole forme di cinema; la forma lirica, la poesia, l’acquerello, lo studio, la bozza, il ritratto, l’arabesco e le sciocchezze, e le piccole canzoni.

Ai tempi in cui tutti vogliono avere successo e vendere, voglio celebrare coloro che abbracciano la società e il fallimento giornaliero per raggiungere le invisibili cose personali che non portano soldi e pane e non fanno la storia contemporanea, la storia dell’arte o altro tipo di storia. Io sono per l’arte che facciamo gli uni per gli altri, come amici.

Leggi anche: La fotografia nel cinema – la luce che rende il film un’opera d’arte

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