Partiamo da un presupposto molto semplice quanto vero: se ad un passo dalla fine della quarta stagione, Better Call Saul non mette il punto a qualcosa che ci faccia dire “finalmente”, rischia di risultare qualcosa di davvero approssimativo, curato nel dettaglio in modo inappropriato e di un ritardo nella produzione che potrebbe essere giustificato solo da una brutta sensazione: troppo tempo per capire come dire qualcosa che non c’è da dire. Chiariamoci, la serie è la più mastodontica creata sino ad ora, una sequenza come quella di apertura del settimo episodio non ce la scorderemo mai, ma episodio dopo episodio ci sembrava di essere in procinto di una svolta, per tornare sempre al punto di partenza, come in un incubo in loop, dove dietro ad un angolo non c’è un corridoio, ma un altro spigolo di novanta gradi da dover svoltare.

Il nono episodio di Better Call Saul è così, di altissimo livello, carico di tensione emotiva e di colpi di scena – come tutti gli episodi visti fino ad ora – ma in chiusura di episodio sembra non fare altro se non accartocciarsi su sé stesso. Kim regina del crimine, poi di nuovo rea confessa di quanto essere “Slippin Kim” sia sbagliato – a seconda del tornaconto di turno. Insomma, se a questo punto della stagione – a meno un episodio dalla fine – il mood del nono capitolo deve suggerire l’andazzo del finale, allora siamo freschi, perché rischiamo di rimanere seriamente a bocca asciutta e in attesa di una quinta stagione che potrebbe partire davvero in salita – con quello che abbiamo appena visto, una quinta stagione che riparta dalle ceneri di un rapporto come quello di Kim e Jimmy e un percorso verso Saul così lento e arrancante, come potrebbe essere avvincente?

Il problema di Better Call Saul, almeno per quanto sembra trasparire da questo episodio, è che si è imposto di sembrare troppo reale – sì, reale in senso letterale, ossia senza distanza dai fatti della vita e delle persone al di fuori del cinema e non confezionato apposta per l’intrattenimento – finendo per essere inevitabilmente intenso, avvincente, unico e migliore degli altri, ma senza dei veri e propri picchi emotivi o di sceneggiatura che ci facciano dire “Breaking Bad!”. Anche la serie madre è passata alla storia come qualcosa di sconvolgente proprio per il contatto che la storia ha con la realtà della vita, ma in quel caso la narrazione seguiva – forse perché doveva – un livello di intrattenimento differente e più avvincente. Better Call Saul quindi rischia di patire gravemente a causa della sua migliore qualità: non è un semplice racconto di eventi, ma una continua e profonda psicanalisi di soggetti reali, mostrati attraverso esempi di regia sempre più accurati. Ma è pur sempre una serie e non un film d’essai, quindi, chapeau, ma non troppo.

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Signor McGyll, cos’è la legge per lei?

Fatte le dovute considerazioni su come il nono episodio di Better Call Saul 4 sia un potenziale pericolo per il rendimento finale di una stagione che tutti aspettavamo con ansia, bisogna fare il punto sulle cose migliori del capitolo, che va davvero a fondo nella psicologia di Jimmy e Kim. McGill è ora quello che abbiamo sempre sospettato: un uomo che non ha mai avuto le idee chiare sul suo ruolo nella vita. La sentenza della riabilitazione professionale con litigata coniugale annessa rendono lapalissiani i difetti di Jimmy, che mai come ora si mette in mostra per l’essere umano approssimativo e pretenzioso qual è. Se la regola che troppi talenti non consistano in un’attitudine, allora la fatidica domanda – quella che aspettavamo da sempre, quella che avrebbe fatto risuonare la resa dei conti tra Jimmy e la vita – ha centrato il bersaglio. Cos’è la legge per te, Jimmy? Per la prima volta, il logorroico lestofante resta senza parole e boccheggia una risposta che parte da molto lontano e non centra l’obiettivo.

Gli crediamo, Better Call Saul ha messo abbastanza in luce quali siano le capacità e le motivazioni di Jimmy per cui dovrebbe fare l’avvocato, sentirlo commuoversi raccontando il suo rapporto con la giurisprudenza lo rende ingiudicabile, ma fa comprendere altrettanto bene perché alla fine, nonostante non sembrasse possibile, l’avvocatura gli sia nuovamente negata. Che fare allora quando la vita ti mette a confronto col peggior momento della tua esistenza? In genere si hanno due possibilità: o incassi e vai avanti, o tiri fuori il peggio di te stesso, cosa che fa proprio Jimmy. Quel che ne consegue sono una sequela di sproloqui governati dalla rabbia, dalla paura e dallo sconforto, Kim è veramente una stronza – sì, abbiamo scritto stronza, ma non sappiamo come definirla altrimenti – ma come possiamo darle torto? Hanno entrambi ragione a difendere le proprie posizioni e a ricordare l’uno all’altro pregi e difetti del loro rapporto, ma per stavolta, sebbene sia triste dirlo, sembra avere la meglio Kim. “Sei sempre a terra, Jimmy”.

Va da sé che un racconto di questo tipo, giunto a questo punto, resta uno dei migliori esempi di costruzione di personaggi mai visti, ma potrebbe addirittura inciampare su un ritmo che ora sembra davvero troppo lento. Però, si sa, mai dire mai, Gilligan sa fare il suo mestiere e come pensavamo che la crisi di coppia fosse finita, anche nel caso del decimo episodio possiamo davvero aspettarci che accada l’inverosimile. Onestamente è quello che speriamo, per il bene di tutta una produzione. Se non altro, dopo questo episodio, ad esprimere il proprio apprezzamento su Better Call Saul è tornato anche un certo campanello pigiato da un dito tanto familiare quanto temibile. Visitate la pagina facebook di Better Call Saul Italia per restare collegati con la comunità dei fan dell’avvocato peggiore della televisione.