
I direttori della fotografia trovano i modi migliori per filmare performance incredibili di attori come: Anthony Hopkins, Jonathan Pryce, Joachin Phoenix e Christian Bale. Ecco alcuni approfondimenti di film del 2019.
Ford vs Ferrari
Phedon Papamicheal (nominato all’Oscar per Nebraska) collaboratore di James Mangold da molto tempo, ha aiutato il regista a creare una entusiasmante e dinamica corsa in Ford vs Ferrari, la storia tra il designer di auto Carroll Shelby (Matt Damon) e il pilota Ken Miles (Christian Bale) mentre cercano di creare un’ auto da corsa per la Ford Motor Co. con il fine di affrontare la Ferrari nella competizione di Le Mans in Francia nel 1966. Papamicheal resta sempre sui classici quando si tratta di decidere che materiale utilizzare per i suoi film.
Mangold aveva deciso che il nostro film doveva catturare le azioni in modo classico e tradizionale: niente droni, niente shot aerei, niente braccia meccaniche o piani sequenza che abbarcassero una lunga azione.
Per questo motivo Papamicheal ha deciso di ispirarsi a film come: Grand Prix e Le mans. Le riprese sono state fatte con la ARRI Alexa LF (Large Format) e le lenti anamorfiche Panavision (serie C e serie T, entrambe “ampliate” per far sì che coprissero il sensore a grande formato) probabilmente questa è stata la prima volta che questa combinazione viene utilizzata per un film. Un’altra decisione importante era quella di raccontare la storia dal punto di vista di Miles:
Abbiamo montato varie telecamere allo stesso tempo per i primi piani di Bale e abbiamo coreografato le azioni per far sì che si svolgessero secondo il suo punto di vista. Non abbiamo usato isolatori di vibrazione per far in modo che l’intensità delle corse (insieme al disegno del suono) fosse un’esperienza il più realistica possibile.
Per trasmettere il brivido della corsa, Papamicheal ha anche creato delle riprese all’interno dell’abitacolo, dal parabrezza e dagli specchietti retrovisori per far sì che il pubblico si immerga il più possibile nell’azione. La maggior parte della corsa è stata girata a Los Angeles e in Georgia, e un giorno vicino Monte Carlo e Le Mans.
L’aver filmato tutto nelle location e nelle situazioni originali e in diretta rende l’immedesimarsi più semplice e, ovviamente, anche per gli attori è stato meglio vivere il più possibile l’esperienza reale invece di ricreare tutto con l’aiuto degli schermi verdi.
E mentre è stata usata una macchina con una cella (la macchina principale è stata attrezzata con una capsula in modo che lo stuntman avesse il controllo dell’auto), Papamicheal spiega:
Gli attori hanno dovuto sottoporsi ad una corsa sulle montagne russe con la macchina con navetta per capire la forza della Ford GT40 e della Shelby Cobra facendo a turno andando a 90km/h sul circuito.
Joker
Per capire il personaggio interpretato da Joaquin Phoenix, Arthur Flex, durante la sua transizione a Joker, Lawrence Sher voleva filmare il tutto “da vicino”. Il direttore della fotografia si spiega dicendo:
Volevo creare una certa intimità tra il personaggio e il pubblico per far capire il suo subconscio. Gli spettatori comprendono e percepiscono il personaggio in modo diverso quando riprendi un attore a 1 metro o a 10 metri di distanza e nel caso di Phoenix, il quale recita a un livello incredibile e dà sfumature alla sua interpretazione sempre diverse, vuoi essergli vicino.
Sher, il quale ha collaborato, fin dall’inizio, con Todd Phillips per Joker, ha deciso insieme al regista di adottare l’approccio “spazi aperti, non volti” per dare a Phoenix totale libertà di movimento, infatti, non ci sono state molte prove, volevano scoprire le scene man mano che venivano girate. Per questa ragione molte volte Sher ha dovuto cambiare programma come per esempio, per la scena in cui Fleck corre in un bagno dopo essere stato attaccato nella metro, il punto cruciale per la trasformazione del personaggio:
Secondo la sceneggiatura, doveva correre in bagno, guardarsi allo specchio, nascondere la pistola e processare quello che aveva appena fatto, eravamo preparati per fare questo ma Todd disse “no, non faremo così”.
Venne illuminato lo spazio, venne montata una camera principale con Geoffrey Haley, il quale operava con la telecamera in mano e senza alcuna istruzione venne riprodotta una canzone di Hildur Gudnadóttir (compositrice del film) e si filmò. Phoenix decise di ballare.
Non era per niente simile a quello che era scritto nella sceneggiatura. Faceva anche parte del processo di comprensione del personaggio, di chi avessimo davanti, come Joachin lo avrebbe interpretato. Bisogna filmarlo in un modo tradizionale o può essere fatto in modo più espressivo? In questo caso doveva essere espressivo perchè il ballo era liberatorio era come una metamorfosi, era come vedere una farfalla uscire dal bozzolo.
Sher rivela anche:
La maggior parte di quella sequenza è stata montata nel film; e una volta girata una o due volte l’abbiamo filmata da un angolo diverso, un paio di volte in più, ma in realtà era già sufficiente al primo tentativo.
The Last Black Man in San Francisco
Girato in 25 giorni con solo 2,5 milioni di dollari, il film The Last Black Man in San Francisco racconta la storia di due amici di San Francisco, Jimmie (attore e scrittore Jimmie Faile) e Montgomery (Jonathan Majors), impegnati nel tentativo di reclamare la casa di famiglia del primo. Il direttore della fotografia Adam Newport-Berra, che ha preparato la produzione in soli 10 giorni, spiega:
Lo stile doveva essere romantico, elevato e magico ma allo stesso tempo ben fondato e umano. Abbiamo provato a montare i dialoghi in modo elegante e fluido per unire lo stile fotografico al risultato finale.
La scena iniziale, per esempio, è simbolica per ciò che voleva rappresentare il regista e direttore della fotografia, il fatto che Jimmie vada per la città con lo skateboard dimostra la sua familiarità con il posto, così come la casa e la sua amicizia con Montgomery, il tutto stabilisce una connessione “romantica” con il suo intorno
Visto che non tutte le zone sono da cartolina, per rappresentare il modo bello in cui questi due amici vedono il mondo abbiamo ricorso a riprese in slow motion accompagnati da albe e panorami della città
Motherless Brooklyn – I segreti di una città
Si può dire che non è un noir nel vero senso de termine perchè non è in bianco e nero ma volevamo proprio farlo a colori.
Così ha detto il direttore della fotografia Dick Pope sul film drammatico di Edward Norton ambientato a New York negli anni ’50. Il due volte nominato all’Oscar ha detto di aver trovato ispirazione dalle fotografie di New York di quegli anni:
Abbiamo preso circa otto immagini famose dell’epoca e le abbiamo riprodotte. Ci ha aiutati a dare un look realistico a qualcosa successo nel 1958, senza essere una messa in scena.
Una scena complicata da illuminare è stata quella del ballo tra Lionel (Edward Norton) e Laura Rose (Gugu Mbatha-Raw) in un club jazz. Dick Pope ricorda:
Non potevo portare delle luci grandi, avevo una tavola DMX fuori dal locale. Io, il gaffer e l’operatore della tavola abbiamo fatto circa 20 cambi mentre la telecamera riprendeva per far sì che l’atmosfera intorno non cambiasse mentre i personaggi si muovevano; è stato complicato.
I due Papi
César Charlone, nominato all’Oscar per La città di Dio di Fernando Meirelles, torna a collaborare con lo stesso regista per I due Papi, la storia del passaggio di potere da Papa Benedetto (Anthony Hopkins) al Cardinale Bergoglio (Jonathan Pryce). La chiave del film è stato il dialogo tra i due collaboratori:
Io e Fernando tendiamo a dire “facciamolo in un altro modo”. Quando pensi ad un film con chiese e papi pensi ad assi di luce, fumo dalle finestre,..immagini con questo tipo di illuminazione ma noi abbiamo detto “ok, non vogliamo niente di tutto questo”.
Infatti, Charlone e la sua crew hanno iniziato con lo studio di artisti come Michelangelo e hanno deciso di illuminare come facevano i pittori con i loro quadri:
Come illuminano? Non lo fanno, tutto è piano, facciamo lo stesso.
Questo è stato l’approccio per il set della Cappella Sistina (costruita appositamente per il film) e per la sequenza di 11 pagine in un giardino. Per quanto riguarda i flashback, Charlone ha fatto in un altro modo:
Ho ricevuto molto materiale di archivio e dovevo simulare lo stesso aspetto per i flashback. Alla fine il film alterna un look da affresco per i dialoghi e il bianco e nero per i flashback.
Per gran parte del film i due personaggi discutono sul futuro della Chiesa Cattolica fino a trovare un accordo in una scena che coinvolge un pianoforte. La questione in questa scena era trovare armonia dopo che i due protagonisti avevano litigato per tutta la notte e Charlone risolve il problema unendo due colori opposti (verde e rosso), visivamente, e accompagnando il momento con la musica del pianoforte. Il punto più complicato in questa scena era non togliere importanza alla interpretazione degli attori con la fotografia:
Con questo dialogo e quei due incredibili attori potevamo semplicemente montare camera in un primo piano per ognuno e avremmo avuto il film. Quando si tratta di un dialogo io penso che gli occhi, il naso e la bocca raccontano tutta la storia. Il linguaggio del corpo è importante sì, ma è nel triangolo tra telecamera e attori che c’è la storia quindi sono stati filmati soprattutto primi piani. Ciò che dicono con gli occhi è importante tanto quanto quello che dicono con le parole.
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