Prima che l’Academy tagli il nastro del suo tanto atteso Academy Museum of Motion Pictures, dovrà affrontare una questione tanto spinosa quanto penosa: come gestire la questione #MeToo all’interno della struttura. Questo perché se si utilizza il metro di misura inquisitorio del movimento, celebrità dall’indistruttibile reputazione drammatica quali Roman Polanski, Harvey Weinstein, Kevin Spacey e addirittura Kobe Bryant potrebbero non avere lo spazio che gli spetta di diritto nel museo. Per non citare magnati dell’epoca d’oro di Hollywood – come Chaplin – che potrebbero finire nella stessa controversia.

Come i curatori dell’Academy Museum of Motion Pictures intenderanno gestire questa sfaccettatura – dal potenziale mediatico alquanto nocivo se intendono preservare l’arte, come dovrebbe dirgli di fare la coscienza – non è ancora chiaro. Uno di loro ha parlato con THR, sostenendo che:

L’Academy Museum of Motion Pictures esplorerà la storia del cinema nella sua interezza, inclusi accadimenti come il #MeToo, raccontando i fatti per quelli che sono in maniera completa, imparziale e trasparente.

Tuttavia, in molti temono che l’AMPAS vorrà soprassedere certe questioni, evitando di mostrare installazioni o contenuti che potrebbero causare controversie da dover giustificare – il ché sarebbe una mera dimostrazione di parzialità e nuocerebbe gravemente all’integrità artistica dell’Academy. Una fonte interna al museo, per esempio, fa sapere che alcuni dei temi più attuali non verranno messi troppo in risalto, affinché a tenere banco sarà esclusivamente il talento dei personaggi esposti, sollevando però un dubbio:

La maggior parte delle cose che verranno esposte nell’Academy Museum of Motion Pictures provengono da donazioni fatte dai membri dell’AMPAS prima degli scandali sessuali.

Ora, la domanda è: coloro che donarono queste cose, avranno qualcosa da ridire sul modo in cui decideremo di esporle?

Dilemmi che sottolineano un certo senso di colpa da parte dell’Academy, che deve necessariamente stare al passo coi tempi senza però voler rinnegare il valore artistico del passato. Thomas Doherty, storico hollywoodiano e docente alla Brandeis University, si è fatto avanti, dando il suo parere su come l’Academy Museum of Motion Pictures dovrebbe gestire la questione:

Non puoi negare che Polanski possa aver commesso dei reati, come non puoi assolutamente negare che Chinatown è tra i migliori film degli anni ’70. Se Polanski mancasse nel museo sarebbe un enorme sbaglio.

La cancel culture è Stalinismo, se il museo tiene ad avere una credibilità, non può evitare di riconoscere sia il lato oscuro che il valore artistico del passato.

Altri invece non sono di questo avviso, come il membro dell’Academy Marina Zenovich, la quale ritiene che l’Academy Museum of Motion Pictures non mostrerà personalità come Polanski, poiché mostrarli potrebbe far sentire parecchie persone a disagio – e la cosa la preoccupa profondamente, perché, secondo lei, l’arte deve sopravvivere nonostante coloro che l’hanno prodotta. L’AMPAS dovrà inoltre vedersela con ciò che l’industria preferisce emancipare, a seconda degli interessi del pubblico. Sempre la fonte dichiara che:

Dovranno scegliere tra cos’è offensivo per la gente nell’industria e cos’è offensivo per mia zia ad Omaha, a cui non frega nulla che Louis B. Mayer era un mostro. Ricordiamoci che alla fine, i donatori non saranno coloro che compreranno il biglietto d’ingresso per entrare al museo, quindi il problema – a parer mio – non si pone affatto.

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