
Blade Runner, film del 1982, è ritenuto da tempo un cult del cinema, è unico nel suo genere e viene ancora considerato un punto di riferimento per i film contemporanei. Blade Runner è un capolavoro del cinema sia dal punto di vista registico che cinematografico, i due elementi si fondono creando un’opera maestra che pochi altri hanno il vanto di rappresentare. Ogni inquadratura del film, rimane impressa nella mente grazie all’incredibile direzione della fotografia di Jordan Cronenweth. Blade Runner non è solo fantascienza, è il primo film di questo genere a cui viene accostato uno stile noir a colori, una combinazione che l’ha reso uno dei film più innovativi del periodo. L’atmosfera è oscura, con forti contrasti che ci trasportano in un mondo sporco e buio, dove la tecnologia avanzata ha preso il sopravvento e la linea tra giusto e sbagliato è ormai cancellata.
Le luci sono solo delle colonne luminose che si fanno spazio nel fumo, in senso letterale e metaforico dell’ambientazione. L’oppressione e la cupa tristezza dell’epoca rappresentata viene sottolineata dal colore blu ricorrente e dall’uso di colori ad esso complementari. Il film tratta il tema della ricerca di risposte alle domande per lo più esistenziali collegate alla nostra condizione di esseri mortali, domande però che ci vengono presentate da chi, in un primo momento, individuiamo, semplicemente, come l’antagonista della storia, con il quale, però, simpatizziamo. Introducendo la ricerca sul significato dell’esistenza, come caratteristica peculiare della struttura mentale dei personaggi, quali i Nexus 6, il regista ci dice tra le righe che noi non siamo capaci di vedere la vita allo stesso modo loro, che, di fatto, noi siamo Deckard l’agente che cerca di bloccare i replicanti dal raggiungimento della verità.
I replicanti, che sono in grado di capire tutto ciò che li circonda, si chiedono da dove vengano e per quale motivo siano stati programmati con una data di morte nonostante siano stati costruiti per superare le “prestazioni” degli umani. Così facendo Ridley Scott ci mette davanti ad un dilemma: chi ha ragione? Le azioni violente dei replicanti fanno scomparire il dubbio nonostante il protagonista , a sua volta, li elimini, ma non dimentichiamoci che le sue vittime non sono esseri viventi…o lo sono? La luce in Blade Runner non viene utilizzata per illuminare ma per rivelare. Ciò che la luce mostra in questo film è la verità delle cose, la telecamera agisce da osservatore: le mini-telecamere che analizzano gli occhi dei replicanti o gli occhi bionici dei Nexus 6 che cercano la verità, la ragione della propria creazione. La luce tagliata e il contrasto molto forte delle immagini sono elementi tipici dei film degli anni ’40, ma il film da cui Blade Runner prende ispirazione è, senza dubbio, Quarto potere. Anche nel film di Orson Welles la luce è una guida durante tutto il film, dove c’è luce, c’è verità e chiarezza agli occhi di chi guarda esattamente come in Blade Runner.
Gli occhi in Blade Runner scoprono e rivelano
All’interno di Blade Runner, gli occhi sono uno degli elementi principali della trama, questi rivelano la vera natura dei replicanti, il loro aspetto bionico si intravede in alcune scene rapidamente ed è in quei momenti che scopriamo chi abbiamo di fronte. In generale, nel film il senso della vista è centrale: ciò che si vede è conoscenza. I Nexus 6 iniziano la ricerca del senso della loro esistenza a causa di tutte le esperienze che hanno avuto, esperienze che gli umani non possono “neanche immaginare”. L’occhio che scruta il mondo e che in esso non trova bellezza, cerca risposte sul perché della realtà che lo circonda. È simbolico anche il modo in cui muore il creatore della Tyrell Corp con i grossi occhiali, al quale Roy preme gli occhi in fondo alle orbite fino ad ucciderlo. La telecamera ci mostra il mondo nel 2019 e Deckard ci mostra chi è davvero un replicante, mentre i Nexus 6 ci danno un punto di vista diverso facendoci dubitare del nostro intorno.
L’occhio che scruta e poi rivela, funziona come metafora della luce che ci accompagna dentro il film e ci avvicina alla verità. C’è una riflessione sull’uomo moderno sulla sua ricerca del significato dell’esistenza, oggi più attuale che mai, e l’incredibile circostanza che il film è ambientato proprio ai giorni nostri, sta a significare che questo pensiero era molto presente già nel momento di produrre quest’opera. I volti, come gli occhi, sono il primo filtro per scoprire o conoscere qualcuno, in Blade Runner i ritratti dei personaggi sono affascinanti e in ogni frame la loro illuminazione cambia a seconda dell’ambiente in cui si trovano. I volti, i corpi e i movimenti dei replicanti sono ripresi in modo da sottolineare le differenze non solo tra i personaggi sullo schermo ma anche tra i replicanti e noi stessi, perché, nonostante si possa provare empatia per le domande che essi si pongono, noi siamo Deckard.
L’uomo rappresentato da Harrison Ford non cerca le risposte, non si pone le domande, Deckard con gli strumenti che gli vengono dati per analizzare i Nexus 6 crede di poter ottenere le risposte di cui ha bisogno e quindi non si interroga sul suo intorno, fino a quando si ritrova faccia a faccia con un replicante. Mentre Deckard ascolta Roy sembra scuotersi dalla sua condizione e saranno probabilmente proprio le parole del replicante la ragione della sua scelta, nella scena finale. Il Blade Runner, vive in un mondo oscuro, in cui tutto gli è indifferente, ha imparato a vivere nel buio totale. Solo chi osserva la realtà con occhi che non vogliono rassegnarsi alla condizione esistente riesce a guardarla attraverso i pochi spiragli di luce ancora presenti nel mondo, per capire infine che tutto (o tutti) semplicemente si perderà come lacrime nella pioggia.
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