Si dibatte ormai da decenni, e forse più, sul ruolo che ha il cinema, e i film violenti in particolare, nella vita di tutti i giorni. Se molti film sono ispirati a fatti reali, infatti, è altresì vero che sono sempre più spesso i fatti reali ad essere ispirati alle pellicole stesse, in molti modi diversi. A differenza di quanto sostenuto dal regista Quentin Tarantino, infatti, sono davvero moltissimi i casi di cronaca legati ai film violenti, sebbene essa sia, per citare lo stesso cineasta “fottutamente divertente, glielo riconosciamo. Negli Stati Uniti poi, “grazie” all’uso spropositato di armi da fuoco, risulta molto più facile emulare le gesta degli assassini del grande e piccolo schermo, motivo per il quale molti dei casi di cui vi parleremo sono ambientati proprio in Nordamerica. Arriviamo quindi alla grande domanda: è necessaria una censura dei film violenti, per evitare che questi episodi avvengano? Vediamo intanto in che modo le rappresentazioni della violenza attraverso il cinema hanno influenzato alcuni casi di cronaca.

Il look

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I casi di cronaca in cui il cinema ha una quantità relativamente minore di colpe sono quelli nei quali gli assassini si sono solamente agghindati come i loro killer preferiti. In questo senso fece scalpore James Eagan Holmes, protagonista nella notte tra il 19 e il 20 luglio 2012 di una sparatoria in un cinema di Aurora, durante una proiezione de Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno. Il suo vestiario parve chiaramente ispirato a quello del villain della pellicola, il mercenario Bane (interpretato da Tom Hardy). Egli era infatti vestito di nero, con un giubbotto antiproiettile, casco, occhiali e una maschera antigas, molto simile a quella del personaggio DC. Uccise in totale 12 persone, ferendone 58. Secondo quanto riferito dalla polizia, però, egli proclamò di essere il Joker, e di essersi tinto i capelli come il personaggio di Heath Ledger per assomigliargli.

Un altro caso legato alla trilogia Nolan, che film violenti non lo sono propriamente, è quello di una ragazza dell’Indiana che, dopo essersi procurata una cicatrice molto simile a quella del Joker, tentò di uccidere un’insegnante. Un altro film piuttosto controverso, in questo senso, è Assassini Nati – Natural Born Killers di Oliver Stone. I casi di emulazione furono davvero tantissimi, a partire da un 17enne dello Utah, Nathan K. Martinez, che uccise la matrigna e la sorellastra nel sonno dopo aver visto la pellicola decine di volte ed essersi rasato a zero per assomigliare maggiormente a Woody Harrelson, protagonista del film.

La percezione della realtà

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Alcune pellicole sono in grado di creare interi universi narrativi, nei quali alcune persone entrano e si identificano, al punto da confonderli con la realtà che li circonda. I protagonisti del massacro del liceo Columbine, vicino a Denver, pare fossero grandi fan di Matrix. Erano convinti che “la realtà non fosse reale“, di essere all’interno di un programma che li soggiogava. Le persone che stavano uccidendo, dunque, secondo loro non erano reali, ma solo semplici proiezioni della loro mente. Per la cronaca, entrambi si suicidarono al termine dell’azione con un colpo di arma da fuoco a testa. I due ragazzi erano inoltre soliti enunciare slogan legati a Natural Born Killers, film di cui parlavamo sopra.

Anche Lee Boyd Malvo tentò di asserire, dopo aver ucciso 10 persone, di essere stato influenzato dalla visione di Matrix. Egli aveva iniziato una efferata serie di violenze e omicidi insieme all’amico John Allen Muhammad. Il giudice non ritenne però che la percezione della realtà di Malvo fosse effettivamente compromessa dalla pellicola, e dunque non gli concesse alcuno sconto di pena. Vedere determinate scene può inoltre portare a non ritenere pericolose pratiche che invece lo sono eccome. Dopo aver visto Il Cacciatore, per esempio, moltissime persone emularono la scena della roulette russa, con tragiche conseguenze che potete ben immaginare.

Il modus operandi

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I casi più gravi, in cui i film violenti effettivamente si devono porre delle domande, sono quelli nei quali gli assassini utilizzano lo stesso modus operandi mostrato nei film violenti. Gli esempi sono davvero innumerevoli, e cercheremo di riassumerli. Il primo ha travolto la Gran Bretagna nel 1971, anno di uscita di Arancia Meccanica, capolavoro di Stanley Kubrick. Molti non compresero infatti il messaggio del regista, ed emularono Drugo e compagni al punto da costringere il governo a ritirare il film dalla distribuzione. Dall’omicidio di un barbone perpetrato da un gruppo di 16enni al caso Ricketts, nel quale un uomo picchiò selvaggiamente una donna su una pista da ballo, in molti hanno pensato di sostituirsi a Malcolm McDowell.

Quando l’argomento iniziano ad essere i vampiri, poi, tutto assume caratteri esoterici ed ancora più folli. Nel 1994, dopo la proiezione di Intervista col Vampiro, Daniel Sterling accoltellò 7 volte la fidanzata al torace e alla schiena, per poi berne il sangue; fortunatamente la ragazza riuscì a sopravvivere. Anche Twilight, fenomeno mondiale che ha lanciato Kirsten Stewart e Robert Pattinson (prossimo Batman), ha portato la mente umana verso nuovi orizzonti. Un 13enne dell’Iowa ha infatti morso ben 10 compagni di classe, convinto di essere a sua volta un vampiro.

I film horror sono altro materiale fresco per menti malate. Una donna di Salt Lake City sorprese infatti il figlio ed un suo amico mentre pianificavano il rapimento, la tortura e l’uccisione di svariate persone, prendendo a riferimento anche i macchinari visti nel film Saw. Scream invece portò il camionista Thierry Jaradim ad accoltellare una studentessa 15enne per ben 30 volte. Il serial killer Nathaniel White dichiarò di essersi ispirato ad una scena di Robocop 2 per il suo primo omicidio. Dichiarò infatti:

L’omicidio della prima donna l’ho preso da Robocop…L’ho visto tagliare la gola a qualcuno , poi l’assassino prende il coltello, incide il torace allo stomaco e lascia il corpo in una certa posizione. Con la prima persona ho voluto emulare esattamente quanto successo nel film.

Ultimo, ma non meno importante, è Fight Club. La pellicola ha infatti esaltato ed ispirato la violenza di un gruppo di uomini che, nel 2009, piazzò decine di bombe fatte in casa per tutta New York. Fortunatamente nessuno di quegli ordigni esplose e l’attentato fu sventato, a differenza del film con Edward Norton e Brad Pitt.

Quando i film violenti fungono da innesco

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Spesso e volentieri, ad ogni modo, il cinema si limita ad innescare una serie di problemi intrinsechi dell’animo di alcune persone. Per esempio, il famigerato John Hinckley Jr, dopo aver visto Taxi Driver, si convinse che il protagonista Robert De Niro gli parlasse, e sviluppò un’ossessione per la co-protagonista, la giovane Jodie Foster. Alla spasmodica ricerca dell’attenzione di quest’ultima, pensò bene di sparare all’allora Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. Il proiettile della calibro 22 di Hinckley perforò il polmone sinistro di Reagan mancando il cuore di soli due centimetri. A seguito del processo, l’uomo fu dichiarato insano di mente e rinchiuso in manicomio. A causa del proprio bassissimo quoziente intellettivo (66), Martin Bryant sviluppò invece un’ossessione per La Bambola Assassina, che lo portò ad uccidere 35 persone e ferirne 23 nel noto Massacro di Port Arthur, in Australia. Al momento sta scontando 35 ergastoli e 1035 anni di galera.

Le nostre conclusioni

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Arrivati a questo punto, è d’obbligo porsi alcune domande. La prima è: il cinema ispira davvero alla violenza, o si limita a catalizzare quella già esistente? La violenza, purtroppo o per fortuna, è insita nell’animo umano, parte di quell’istinto di sopravvivenza che è in ognuno di noi e ci permette di essere ancora qui dopo migliaia di anni di esistenza. Si può dire, anzi, che sia un istinto di ogni essere vivente. L’uomo uccide per sopravvivere fin dall’alba dei tempi, e nel momento in cui ci sentiamo minacciati da qualcosa reagiamo di conseguenza. Il punto è che l’essere umano è dotato di razionalità, e dunque può scegliere quando usare la violenza e quando no.

La problematica principale è che le persone che uccidono a seguito della visione di un film hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, pregressi problemi mentali che non sono stati curati adeguatamente. Possiamo perciò dire che a queste persone manchi la razionalità necessaria a controllare i propri istinti primordiali. Vedono intorno a sé problemi che non esistono, si sentono minacciati e si difendono di conseguenza. Le pellicole possono fungere da innesco per questi sentimenti, è vero, ma anche qualora non ci fossero, semplicemente questi soggetti sarebbero influenzati da qualcos’altro: teatro, musica, letteratura… non dimentichiamo che Charles Manson utilizzò un album dei Beatles per ispirare le proprie folli teorie razziste. Censurare le parti che potrebbero sconvolgere l’animo di alcune persone, o innescare sentimenti o azioni violente, sarebbe quindi pressoché inutile.

In conclusione, riteniamo quindi che l’arte debba necessariamente, tra le altre cose, rappresentare la realtà. Essendo la violenza parte della realtà è quindi non solo un diritto, bensì un dovere del cinema mostrarla in tutte le sue forme, quali che possano essere le conseguenze. Altrimenti non bisognerebbe più nemmeno mostrare gli effetti delle droghe per non incoraggiarne l’uso, o della guerra. Finiremmo per parlare solo di lunghe, languide storie d’amore insipide e tutte uguali. Senza menzionare la violenza domestica ovviamente, per carità.

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